olio-oliva-ecopim-studio-fotolia-750x506Distinguere l’olio "vergine" dall’olio "extravergine" negli scambi internazionali? Dal primo gennaio 2017 sarà possibile grazie all’entrata in vigore della nuova nomenclatura combinata.
A darne notizia è Agrinsieme dopo l’incontro tenuto in Commissione Ue nel gruppo di dialogo civile sull’olio.

La voce doganale che oggi combina l’olio vergine extravergine sarà divisa indue codici doganali che consentiranno di tracciare i due prodotti e di dare informazioni più dettagliate sui flussi commerciali internazionali.
Un importante passo avanti nella trasparenza che favorirà i controlli.

La modifica della norma era stata fortemente auspicata dalle organizzazioni di Agrinsieme (Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari) a livello nazionale e dal Copa-Cogeca a livello europeo.
La nuova norma - spiega il coordinamento di Agrinsieme - contribuirà a difendere la qualità, ridurre il rischio di frodi e favorirà una migliore conoscenza delle movimentazioni del prodotto a livello globale.

Mercato dell’olio di oliva
Nella medesima riunione in Commissione Ue - aggiunge Agrinsieme - sono stati resi noti i dati sul mercato dell’olio di oliva: la produzione mondiale per la campagna 2015-2016 si stima di 3.242.000 tonnellate (+33%), di cui 2.303.000 tonnellate a produzione Ue (+61%).
La Spagna si confermerebbe primo produttore con 1.395.000 tonnellate stimate (+66%), a seguire l'Italia con 472mila tonnellate (+112%) e la Greciacon 320mila (+7%).

Per quanto riguarda le esportazioni Ue, nel periodo ottobre 2015-marzo 2016, si stima una forte riduzione tendenziale per il Brasile (-47%) a causa della crisi economica e della svalutazione del real, mentre si prevede un incremento per la Cina (+36%). Gli Usa si confermano la principale destinazione dell’olio europeo ed italiano in particolare.

Quanto al commercio intra-Ue, nel periodo compreso tra inizio ottobre e fine febbraio, sono state 366mila le tonnellate movimentate, con un calo del 21% dovuto anche alla scarsa disponibilità di prodotto.
Dall'Italia verso destinazioni intra-Ue si sono mosse 43mila tonnellate, destinate per il 30% alla Germania.

fonte  Cia - Confederazione italiana agricoltori

calabria olioIl congresso straordinario dell’AIFO, dopo 20 anni di attività associativa, si è concluso con una affermazione semplice e definitiva: l'olio extravergine artigianale esiste in Italia perché esistono 5000 frantoi oleari, perché si coltivano 500 cultivar, perché si esercita la professione del mastro oleario e quindi l’olio dalle olive può definirsi artigianale quando, in questo specifico contesto, è il risultato della sapiente creatività dell’artigiano, l’unico vero produttore di olio extravergine. Gli altri cosiddetti produttori d’olio in realtà fanno olive (gli agricoltori) o confezionano bottiglie (imbottigliatori e grandi marchi).

Perché abbiamo parlato di specifico contesto? Perché è la realtà del nostro Paese, produttiva e storica, a qualificare e definire il made in Italy, l’olio prodotto italiano.
5000 frantoi per 500 cultivar: sarebbe sufficiente questo dato per mettere fine ad inutili e pretestuose discussioni e riconoscere che la salvaguardia di questo patrimonio è nell’interesse di tutti, o almeno di tutti coloro che vogliono difendere l’olivicoltura nazionale e il diritto dei consumatori a scegliere, tra i tanti diversi oli, quello che gli piace di più.

I delegati al congresso sono stati fortunati perché non hanno dovuto ascoltare la solita nota e stupida contestazione “tutti gli oli dalle olive sono fatti in frantoio”, così come si diceva “tutte le paste sono fatte in un pastificio”.

Ci ha pensato l’Autorità per la concorrenza a fare giustizia di una simile fesseria quando ha sentenziato a proposito della pasta artigianale “…la valutazione delle diciture utilizzate nei messaggi, “pasta artigianale” e “prodotto artigianale”, dipende dall’incidenza relativa e dalla valorizzazione dell’apporto umano, eventualmente legato all’utilizzo di metodologie ed utensili tradizionali, nel sistema di produzione adottato dall’operatore. Sulla base di quanto accertato nel corso dell’istruttoria, è emerso che tutte le società parti del presente procedimento realizzano la propria produzione attraverso procedure diversificate caratterizzate, seppure in misura variabile, dalla significatività dell’apporto umano. In particolare, risulta che le fasi della lavorazione siano effettuate o manualmente o sotto il controllo diretto del personale addetto, con un apporto limitato delle procedure automatizzate, peraltro in certa misura necessarie trattandosi di produzioni in serie, data la natura del prodotto”.

In più, per quanto riguarda l’olio dalle olive, c’è la scelta, che fa il mastro oleario, delle cultivar, della loro selezione e miscelazione ed infine la scelta tra le diverse modalità di produzione per ottenere quello specifico prodotto, il suo extravergine unico e irripetibile.

L'olio artigianale vale oggi il 26% del mercato. Il dibattito ha messo in luce che il problema è quello di farlo riconoscere al consumatore sullo scaffale del supermercato. La domanda è stata girata ai rappresentanti della GDO che hanno seguito i lavori congressuali e la risposta è stata univoca, la definizione in etichetta di prodotto artigianale è un ulteriore elemento di informazione e di trasparenza verso i consumatori. E lo stesso discorso vale per il commercio online. Quindi ben venga. Ma c’è di più, e sarà bene che ne tengano conto coloro che scrivono i decreti delegati per l’attuazione del piano olivicolo, gli investimenti in promozione possono portare l’olio artigianale ad essere il 50% del consumo di olio d’oliva con tutte le positive ricadute che questo può avere sulle coltivazioni e quindi sul commercio delle olive. Ci riflettano gli agricoltori e le loro organizzazioni.

Ora tocca ai frantoiani: mettiamoci la faccia e un po' di orgoglio. Non abbiamo bisogno né di norme, né di autorizzazioni. Abbiamo già una legge (regionale) che riconosce che l’unica impresa, che può definirsi produttore di olio dalle olive, è il frantoio artigiano, una legge che attribuisce la responsabilità del prodotto al mastro oleario e ne istituisce l’albo professionale e abbiamo l’AIFO, una forza associativa in grado di difendere i nostri diritti e gli interessi delle nostre imprese.
“Siamo artigiani, produttori dell’olio artigianale” e allora dalla prossima campagna facciamo un olio secondo i parametri previsti dal consorzio di tutela che dobbiamo fondare e mettiamo sul mercato i nostri tanti e diversi oli artigianali. Poi la parola passa al consumatore.

di Giampaolo Sodano
pubblicato il 27 maggio 2016 in Pensieri e Parole > Editoriali

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oliomio-tem-1024x955Buongiorno Giorgio“, “Buongiorno Tommaso“, una stretta di mano e ci accomodiamo nel piccolo ufficio di Giorgio Mori. Gli dico io: “Mi sembra di conoscerti da venti anni e sono emozionato nell’ entrare nel tuo grande laboratorio, ho veramente tante domande da farti perché il mondo dell’olio mi appartiene da quando sono nato ed ho ancora tanta voglia di imparare.

Da quanti anni lavori nella Mori TEM?

“Sono entrato in questa azienda alla fine delle scuole superiori. L’azienda è cominciata a crescere negli anni ’80 e abbiamo continuato ad aumentare il lavoro in maniera costante fino ad oggi. La grande svolta per noi è avvenuta nel 1993, quando abbiamo progettato Oliomio il piccolo impianto oleario a ciclo continuo”.

Come è nato Oliomio e chi ha avuto l’idea di progettare l’impianto oleario a ciclo continuo?

“Quando si lavora in team è difficile individuare la proprietà intellettuale di un’idea. Ti posso solo dire che lavorando a stretto contatto con i produttori mi ero accorto che con gli impianti a pressione l’olio non veniva bene. Quindi abbiamo iniziato a lavorare su questa nuova macchina che è stata brevettata proprio in quegli anni e ci ha fatti conoscere nel mondo con il nome di Oliomio”.

Avete mai avuto il timore che questa nuova tecnologia non venisse recepita dal mercato nella giusta maniera?

“Sinceramente no, era esattamente quello che il mercato stava aspettando. Negli anni ’80/’90 c’era la mentalità del fai-da-te, soprattutto sull’olio e la domanda per i piccoli impianti a pressione era veramente molto alta, anche se era evidente che questi macchinari avessero dei problemi, soprattutto con i fiscoli.

Un giorno mi chiamò un produttore dell’Abruzzo, in lacrime, perché aveva avuto dei grossi problemi con i fiscoli e doveva buttare via 5 quintali d’olio. In tutta onestà buona parte della responsabilità era sua, comunque l’evento mi colpì molto e pensai che era arrivato il momento di trovare una soluzione per eliminare i fiscoli. Bisognava creare una macchina senza separatore per i piccoli produttori di olio”.

Sono sempre più curioso, ma come avviene il processo?

“Il processo è semplice. Le olive vengono pulite dalle foglie e dai rami con una macchina che si chiama DLE, che sta per: defogliazione, lavaggio, elevazione. Questo significa che le olive vengono pulite, lavate e portate sul frangitore. Qui vengono frante e la pasta che ne risulta cade nella gramola.

E’ qui che il processo cambia rispetto alle macchina a pressione, infatti la pasta di olive invece di passare alla pressa sui fiscoli, finisce in una centrifuga orizzontale che in due fasi separa il solido dal liquido: da una parte esce la sansa con l’acqua, dall’altra l’olio. Il processo è finito ed il prodotto non si riscalda minimamente e non tocca materiali potenzialmente inquinanti come i fiscoli”.

Qual è stata la risposta del mercato? E’ andata come ti aspettavi?

“No, è andata molto meglio di come mi aspettavo. I primi anni abbiamo visto quadruplicare la richiesta di impianti Oliomio. Inoltre Sandro Vannucci che all’epoca conduceva Linea Verde ci invitò a partecipare al programma tramite il CNR.

Durante la trasmissione facemmo l’olio direttamente nel campo con Oliomio, la nostra macchina a ciclo continuo. Fu un vero successo e non solo nazionale: è grazie a quella partecipazione che sono andato in Australia e ho cominciato a collaborare con i produttori australiani. La macchina era perfetta per le loro esigenze: avevano qualche quintale di olive, volevano provare a vedere come sarebbe uscito l’olio e la nostra macchina Oliomio era perfetta per le loro esigenze”.

Che capacità ha Oliomio?

Oliomio è una macchina monoblocco che può frangere un massimo di due quintali di olive all’ora. Ha una grandezza di 1 m x 2 m, alta 1,50 m. Nel mondo siamo gli unici a produrre macchine così piccole per produrre olio di alta qualità. Ovviamente negli ultimi 20 anni la tecnologia è stata migliorata e l’olio che si ottiene oggi con Oliomio è davvero un olio di grande qualità. Colore, profumi e gusto all’ennesima potenza”.

Oltre a Oliomio, la Mori TEM produce anche altri macchinari?

“Oliomio è la linea di macchine per i piccoli produttori. Oltre a queste costruiamo impianti per le grandi aziende agricole olivicole, macchinari che hanno una capacità produttiva fino ai venti quintali l’ora. Abbiamo 4 diversi prodotti che si differenziano tra di loro per il sistema di trasformazione che incide ovviamente sull’olio stesso.

Per esempio il Sintesi e il Cultivar sono due impianti dedicati alla produzione di olii ad alto contenuto fenolico. Inoltre le nostre macchine sono dotate di un software proprietario con comandi in remoto: un nostro cliente ha un impianto in Uruguay e può controllarlo comodamente da qua, oppure noi della Mori TEM possiamo settarglielo qua dai nostri laboratori.

Quello a cui io sto puntando però, non è tanto vendere le macchine, che sono solo uno strumento; ciò che mi interessa profondamente è il sistema con cui viene prodotto l’olio, il concetto di alta qualità che deve stare alla base della produzione di questo incredibile prodotto.

Ti ripeto: le macchine sono solo strumenti, da un’ oliva eccellente io non posso aggiungere qualità, ma posso solo toglierne; nell’olio le cose non funzionano come nel vino che nel passaggio in cantina qualche piccolo difetto dell’uva può essere corretto. Nel mondo oleario sono importanti la qualità della materia e il processo con cui il prodotto viene lavorato. Quando vendo un impianto di una certa entità, normalmente seguo il cliente fino a che non riesce a produrre un olio di ottima qualità; se così non facessi, mi sentirei responsabile, anche se la colpa, ovviamente, non sarebbe la mia, dato che la macchina funziona perfettamente”.

So che eri molto amico del Dott. Marco Mugelli, capo panel alla Camera di Commercio di Firenze Agronomo, olivicoltore ed elaiotecnico, una figura che ha lasciato il segno nel mondo dell’olio toscano…

Marco Mugelli oltre ad essere un grande amico, aveva delle intuizioni davvero notevoli e mi spingeva sempre alla ricerca di una qualità superiore. Da quando è prematuramente scomparso nel 2011 è stato difficile per me mantenere la stessa voglia di miglioramento e ricerca. Marco era una persona di poche parole e le nostre discussioni si focalizzavano prevalentemente sull’olio, su modifiche da fare agli impianti e cose così. Era un vulcano di idee ed è stato il mio maestro, gli devo davvero tanto“.

Chiudo così l’intervista a Giorgio Mori con il ricordo del Dott. Marco Mugelli, ripromettendomi di venire a trovarti nuovamente, magari per raccontare da vicino l’istallazione di una di queste rivoluzionari frantoi direttamente presso un’azienda olearia.

MORI-TEM Srl Via Leonardo da Vinci n. 59 – Tavarnelle Val di Pesa (FI) – Tel. 055 80.71.568 – www.tem.it

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cropped-IMG-20160318-WA0037-e1458748197352.jpgDa oggi i professionisti di "ConsulenteAgronomo", in qualità di tecnici di Eurobambù Soc.Coop.Agricola, si occuperanno anche dell'impianto di Bambù Gigante (Phyllostachys Pubescens Edulis).

Un nuovo progetto, quindi, che verrà portato avanti con la passione e la professionalità di sempre ma con l'entusiasmo che accompagna una nuova sfida.  Siamo convinti infatti, in linea con la Mission di Eurobambù, che l'impianto di Bambù gigante per uso industriale, possa ricreare ricchezza per il mondo agricolo e valorizzare i terreni.

La Cooperativa Eurobambù realizza con i suoi associati impianti per la coltivazione di bambù gigante Phyllostachys Pubescens Edulis a scopo industriale.
Dalle istruzioni di base ai servizi chiavi in mano per la piantumazione e il taglio. Lavoriamo sempre su misura delle tue esigenze, per realizzare la nostra visione comune.

La Cooperativa Eurobambù coordina il ritiro del prodotto e si occupa della commercializzazione; cura inoltre lo sviluppo di nuove filiere commerciali.

Perchè impiantare Bambù? e' la pianta con il miglior rapporto di resa legno per ettaro e non ha bisogno di fertilizzanti per la coltivazione, risultando quindi una pianta sostenibile per l’ambiente; limita fortemente l'erosione del suolo; è in grado di catturare 4 volte la CO2 in più rispetto alle foreste producendo il 35% in più di ossigeno; Un prodotto con più di 1.500 applicazioni industriali.

Gli interessati a questo progetto potranno contattarci, discuteremo insieme i termini della realizzazione e gestione dell'impianto.

Cliccando qui è possibile visitare il sito della COOPERATIVA EUROBAMBU'.

20151217_102508Il Piano olivicolo nazionale era già stato annunciato nella primavera 2015 ma è difficile che veda la luce prima dell'estate 2016.

Il comitato tecnico agricolo della Conferenza Stato-Regioni, infatti, lo ha messo in stand by. La mancata approvazione blocca la possibilità di erogare i 32 milioni di euro previsti dal Piano e destinati, almeno in parte, al rinnovo degli oliveti e all'impianto di nuovi olivi.

Secondo quanto risulta a Teatro Naturale le perplessità degli assessori regionali all'agricoltura, che hanno chiesto un incontro al Ministro Martina, riguardano le potenziali interazioni tra i Piani di sviluppo rurale, in particolare le misure in campo olivicolo, e il Piano olivicolo nazionale.

E' noto che sono le Regioni ad aver in mano la cassa dei Psr e non accettano di buon grado che linee guida possano essere centralizzate presso il Ministero delle politiche agricole.

Il via libera al Piano olivicolo nazionale, dunque, è condizionato a un accordo politico tra il titolare di via XX settembre e gli assessori regionali. Un compromesso non semplice e che richiederà tempo per essere trovato ed attuato.

Gli assessori regionali all'agricoltura, con la decisione assunta il 17 marzo, smentiscono così sia il Ministro Martina sia il Viceministro Oliverio.

Martina aveva addirittura annunciato, durante la presentazione del progetto Extract, che l'approvazione del Piano olivicolo nazionale da parte della Conferenza Stato Regioni sarebbe avvenuta l'8 marzo. In realtà, come risulta a Teatro Naturale, la Conferenza Stato-Regioni non aveva nemmeno calendarizzato il provvedimento per tale data.

E' stato smentito anche il Viceministro Oliverio che, in occasione di Olio Capitale, ha annunciato che i decreti attuativi del Piano olivicolo nazionale sarebbero stati varati appena dopo Pasqua. “Siamo arrivati - ha spiegato Olivero, dando per scontata l'approvazione del Piano - a conclusione del percorso per quanto riguarda il decreto olio e la possibilità di andare ad attuare quelle norme che nell'anno passato abbiamo previsto per sostenere questo comparto".

Non è nemmeno servito il pressing dell'ultimo minuto dei deputati pugliesi del PD. “L’approvazione del Piano olivicolo nazionale non può essere più rinviata. Governo e Regioni devono trovare subito l’accordo che garantisce agli olivicoltori fondi e opportunità di sviluppo”. Lo affermano i deputati pugliesi del Partito Democratico, invitando l’assessore regionale pugliese alle risorse agroalimentari Leo Di Gioia, coordinatore del settore nella Conferenza Stato-Regioni, a “sollecitare tutti i colleghi a farsi carico di questa responsabilità, diventata più gravosa dopo la scelta dell’Unione Europea di incrementare la quota di olio tunisino esente da dazio”.

Gli olivicoltori, insomma, dovranno aspettare per vedere i primi bandi del Piano olivicolo nazionale. Le risorse a loro destinate dovrebbero aggirarsi sui 10 milioni di euro, mentre gli altri 22 milioni, oltre che per Xylella, verranno destinati alle organizzazioni dei produttori per concentrare l'offerta e migliorare la qualità, nonché per un piano di promozione dell'olio extra vergine di oliva Made in Italy.

di T N
pubblicato il 18 marzo 2016 in Strettamente Tecnico > L'arca olearia

La globalizzazione del mercato agroalimentare ha determinato una crescente attenzione da parte dei consumatori verso i prodotti che andranno ad acquistare, dei quali desiderano conoscere la provenienza geografica, oltre alle caratteristiche organolettiche e alle proprietà nutrizionali. La complessità del mercato ha inoltre consentito un aumento delle frodi e delle contraffazioni nel settore agroalimentare e una conseguente richiesta di disposizioni normative e di tecniche analitiche e di controllo che garantiscano la qualità dei prodotti e la tutela del consumatore. La garanzia di un prodotto agroalimentare si riferisce non solo alla qualità delle materie prime e agli standard di sicurezza della produzione, ma anche alla certificazione della loro provenienza geografica. Esiste un legame indissolubile tra le produzioni agroalimentari italiane di alta qualità e il loro territorio di origine, determinato dalle condizioni geo-climatiche caratteristiche di quel luogo e dalle tecniche agronomiche, di raccolta e produzione che tradizionalmente vi sono praticate. Tra le eccellenze agroalimentari italiane, l’olio extravergine d’oliva rappresenta una delle produzioni locali di maggior pregio economico e nutrizionale e con forte connotazione territoriale. L'olivo, Olea europaea L., è la più importante specie per la produzione di olio nel bacino del Mediterraneo, dove l'Italia è uno dei massimi produttori, ma anche uno dei paesi in cui il rischio di frodi e contraffazioni è elevato. La concorrenza nei prezzi degli oli e delle olive da spremitura prodotte negli altri paesi Mediterranei ha infatti favorito l’immissione in commercio di oli impropriamente dichiarati italiani. Ma truffe e contraffazioni possono verificarsi anche a livello locale qualora sussistano condizioni, sia climatico-ambientali, sia economiche, tali da rendere meno favorevole la produzione.

I marchi DOP e IGP, certificando l’identità territoriale dei nostri oli extra vergine di oliva, guidano il consumatore verso una scelta sicura tra oli con peculiari caratteristiche organolettiche e di origine geografica certa. L’analisi di autenticità e di tracciabilità della provenienza geografica degli oli consente di tutelare i prodotti ad origine controllata e protetta (DOP, IGP, prodotti biologici), garantendone denominazione e sostenibilità economica e tutelando il consumatore da frodi e adulterazioni.

L’Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale (IBAF) del CNR è attivo da anni in studi di tracciabilità di prodotti agroalimentari, in particolare di oli extra vergine di oliva italiani, attraverso l’utilizzo di tecniche di spettrometria di massa isotopica (IRMS) applicata alla misura degli isotopi stabili del carbonio, dell’ossigeno e dell’idrogeno. Queste tecniche misurano il rapporto tra due isotopi stabili di uno stesso elemento, quantificandone lo scostamento da uno standard di riferimento. Gli elementi chimici sono presenti in natura con piccole variazioni del nucleo atomico (isotopi) che hanno una modesta influenza nelle reazioni chimiche. Durante le trasformazioni chimico-fisiche si verifica il cosiddetto frazionamento isotopico, cioè una parziale separazione degli isotopi leggeri da quelli pesanti che determina piccole differenze di massa nei prodotti di reazione. I rapporti isotopici nella sostanza organica variano in funzione delle caratteristiche dell’area di origine e registrano le composizioni isotopiche di quell’ambiente e per questo sono considerati potenti traccianti naturali. Basandosi su questo principio è nato negli ultimi anni un nuovo approccio analitico, che combina la spettrometria di massa isotopica e l’uso della tecnologia GIS (Geographical Information Systems) per elaborare modelli geospaziali (isoscape), per comprendere e quantificare la distribuzione spazio-temporale della variabilità isotopica dei sistemi naturali. L’approccio isoscape, termine derivato letteralmente dalla fusione dei termini isotope e landscape, oltre a fornire un’utile rappresentazione cartografica delle variazioni isotopiche rappresenta uno strumento fondamentale di indagine dei processi e delle cause alla base delle variazioni stesse. Oltre che nello studio dei processi ecofisiologici in cui gli isotopi stabili sono coinvolti, questo metodo sta trovando larga applicazione nel settore forense in studi volti ad investigare il traffico di droghe e a verificare la sicurezza e la provenienza di bevande e di alimenti.

In un recente studio, condotto dall’IBAF, l’utilizzo della tecnologia GIS in combinazione con l’analisi degli isotopi stabili del carbonio e dell’ossigeno presenti negli oli ha aperto nuove ed interessanti prospettive nel controllo dell’autenticità e della provenienza geografica degli oli extra vergine di oliva italiani. Sono stati collezionati, in collaborazione con UNAPROL, circa 400 campioni di olio extra vergine di provenienza geografica certificata, prodotti negli anni 2009, 2010 e 2011 in nove regioni italiane. I campioni di olio sono stati rappresentati come dati puntuali tramite il software ArcGIS, note le coordinate geografiche delle aree di provenienza (per semplificazione le aree sono state approssimate ad un punto). I risultati delle analisi isotopiche condotte sui campioni e distinte per singolo anno di produzione sono stati associati ai rispettivi siti di campionamento e integrati in un database geografico. Le funzioni di analisi spaziale proprie degli strumenti GIS hanno consentito di rappresentare la variabilità geografica della composizione isotopica degli oli sul territorio nazionale per i tre anni di produzione. Dati climatici georeferenziati e la mappa della composizione isotopica delle precipitazione sono stati acquisiti ed integrati nel GIS. Questi dati sono stati utilizzati per l’elaborazione del modello, basandosi sul presupposto fondamentale che esista una relazione tra la composizione isotopica degli oli, le variabili geo-climatiche del luogo di produzione e la composizione isotopica delle precipitazioni. Infatti il primo passo è stato definire la funzione matematica che spiega la relazione esistente tra la composizione isotopica degli oli e le variabili geo-climatiche considerate (Figura 1).

I grafici mostrano la relazione di dipendenza esistente tra la composizioni isotopica δ18O degli oli extra vergine di oliva italiani prodotti nel 2009, 2010, 2011 e la composizione isotopica δ18O delle precipitazioni e la variabile climatica considerata (Xi = indice xerotermico).

Tale funzione ha consentito di elaborare il modello geospaziale (modello di regressione), predittivo dei valori della composizione isotopica in tutti i siti del territorio nazionale di presunta origine degli oli. I modelli così elaborati mostrano un elevato potere predittivo per la composizione isotopica dell’ossigeno e del carbonio dell’olio, in relazione sia alla composizione isotopica delle acque di precipitazione che delle variabili climatiche considerate. Sono stati, infine, prodotti output cartografici che rappresentano la variabilità isotopica degli oli sul territorio nazionale (Figura 2).

Variazioni della composizione isotopica δ18O (A) e δ13C (C) di oli extra vergine di oliva italiani prodotti nel 2010, confrontate con l’indice xerotermico (Xi) (in Lauteri et al. 2004) calcolato per il territorio italiano (B). Esiste una forte relazione tra la composizione isotopica degli oli e la variabile climatica considerata (Xi). I modelli consentono di distinguere gli oli provenienti da quattro macro aree geografiche: settentrionale, tirrenica centro-meridionale, adriatica centrale, isole maggiori.

I modelli geospaziali attualmente elaborati consentono di distinguere gli oli provenienti da quattro macro aree geografiche: regione settentrionale, regione tirrenica centro-meridionale, regione adriatica centrale, isole maggiori. Questo approccio sembra molto promettente nel definire un protocollo analitico di controllo delle provenienze geografiche dichiarate sulle etichette per prevenire e combattere le frodi. Per il futuro sarebbe auspicabile la collaborazione tra enti di ricerca e enti ministeriali preposti al controllo alimentare per la creazione di un database geografico completo della composizione isotopica degli oli di oliva certificati italiani e mediterranei, distinti per anno di produzione, per poter elaborare modelli geospaziali sempre più raffinati, intesi come strumenti analitici per autenticare e verificare l’origine geografica dei pregiati oli italiani.

Bibliografia

Camin, F., Larcher, R., Nicolini, G., Bontempo, L., Bertoldi, D., Perini, M., et al. (2010a). Isotopic and elemental data for tracing the origin of European olive oils. Food Chemistry, 58, 570–577.

Chiocchini, F., Portarena, S., Ciolfi, M., Brugnoli, E., Lauteri M. (2016). Isoscapes of carbon and oxygen stable isotope compositions in tracing authenticity and geographical origin of Italian extravirgin olive oils. Food Chemistry, 202, 291-301.

Iacumin, P., Bernini, L., & Boschetti, T. (2009). Climatic factors influencing the isotope composition of Italian olive oils and geographic characterisation. Rapid Communications in Mass Spectrometry, 23, 448–454.

Lauteri, M., Pliura, A., Monteverdi, M. C., Brugnoli, E., Villani, F., & Eriksson, G. (2004). Genetic variation in carbon isotope discrimination in six European population of Castanea sativa Mill. originating from contrasting localities. Journal of Evolutionary Biology, 1286–1296.

Portarena, S., Gavrichkova, O., Lauteri M., Brugnoli, E. (2014). Authentication and traceability of Italian extra-virgin olive oils by means of stable isotopes techniques. Food Chemistry, 164,12-16.

van der Veer G. (2013). Development and application of geospatial models for verifying the geographical origin of food. In P. Brereton (Ed.), New analytical approaches for verifying the origin of food (pp. 60-80). Woodhead Publishing Series in Food Science, Technology and Nutrition, No. 245.

West, J. B., Bowen G. J., Dawson T. E., Tu K. P., eds. (2010). Isoscapes: Understanding Movement, Pattern, and Process on Earth Through Isotope Mapping. New York: Springer. 487 pp

di Francesca Chiocchini
pubblicato il 18 marzo 2016 in Strettamente Tecnico > L'arca olearia

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impollinatori_grandeNel 2014 la quota di colonie di api perse è stata stimata al 17,4%, pari al doppio di quella dell’anno precedente.
La protezione di tali insetti risulta fondamentale in quanto essi, essendo degli impollinatori, sono responsabili della riproduzione dell’80% delle specie vegetali.
La Commissione europea ha incaricato l’ "autorità per la sicurezza alimentare" (Efsa) di compiere nuove valutazioni, che si concluderanno nel 2017, sulla pericolosità dell’uso dei tre pesticidi neonicotinoidi: Clothianidin, Thiamethoxam e Imidacloprid.
Dalle valutazioni precedenti, riferite all’anno 2013, dell’Efsa sull’utilizzo di tali pesticidi la Commissione europea aveva decretato che:
  • è proibito l’uso delle tre sostanze per la concia delle sementi o del terreno su colture che attraggono le api e sui cereali non invernali, sono esclusi gli usi in serra;
  • è proibito il loro impiego anche nei trattamenti fogliari su colture che attraggono le api e sui cereali, tranne che in serra e dopo la fioritura.
Ciò è stato valutato in base alla quantità di residui di agrofarmaci che possono essere rinvenuti negli elementi di cui le api si nutrono: polline, nettare, melata e secrezioni vegetali, come l’acqua di guttazione (l'emissione di acqua in gocce da parte di piante intatte). Tali sostanze attive sono state bandite parzialmente dal mercato dell’Unione europea nel 2013.

Anche negli Stati Uniti l'Agenzia americana per la protezione dell'ambiente (Epa) si è mobilitata avviando valutazioni su Clothianidin, Thiamethoxam oltre al Dinotefuran[1], ed i risultati sono attesi per dicembre 2016.
Fino a questo termine l’Agenzia ha decretato che non verranno approvati nuovi insetticidi neonicotinoidi utilizzati in campo aperto.
In una pubblicazione fatta il 6 gennaio scorso, inoltre, l’Epa ha affermato  che  la molecola imidacloprid è molto pericolosa per le api in quanto i suoi residui – presenti oltre il limite soglia – potrebbero apportare danni anche agli alveari compromettendo, così, la produzione di miele e l’attività impollinatrice.

L’Europa in primis, essendo scaduto il divieto parziale di utilizzo di tali prodotti nel 2015, e gli Stati Uniti hanno una nuova sfida da affrontare nel breve periodo: valutare nuove soluzioni, sulla base delle valutazioni passate, atte ad impedire la moria sempre più precoce e preoccupante delle api.

[1] Dinotefuran è un insetticida di furanicotinyl che rappresenta la terza generazione del gruppo di neonicotinoidi. È stato sviluppato da Mitsui Chemicals , Inc. , e registrato in Giappone il 24 aprile 2002 , la registrazione è stata presentata alla protezione Environment Agency ( EPA ) negli Stati Uniti. È altamente tossico per le api e bachi da seta. Da http://www.mitsuichemicals.com/dinotefuran.htm

20151217_102508Un taglio corposo alle tasse che gravano sulle imprese agricole. E’ questo uno dei principi cardine della legge di stabilità 2016 (approvata il 22 dicembre, ndr) vista con soddisfazioni dalle principali organizzazioni agricole e dal ministro Maurizio Martina, che parla già di svolta fiscale senza precedenti.

La pressione tributaria viene tagliata oltre del 25% nel settore agricolo nell’anno di Expo – commenta il ministro – grazie alle scelte fatte con questa legge raggiungiamo un obiettivo importante di riduzione tributaria per latutela reale del reddito dei nostri  agricoltori, in un passaggio delicato per il settore e a sostegno del rilancio di investimenti e occupazione. Proprio così l’agroalimentare italiano è oggi al centro delle politiche economiche e di sviluppo del Paese come non accadeva da anni”.

Analizzando nel dettaglio la legge di stabilità sul versante agricolo, la misura più rilevante è l’abolizione di Imu e Irap dei terreni agricoli, prevista con lo stanziamento di 600 milioni di euro. Crescono le compensazioni Iva per le produzioni di latte e carni fino al 10%, con una spesa di oltre 50 milioni di euro. Viene esteso il credito d’imposta per gli investimenti produttivi anche all’agricoltura e alla pesca nelle aree del Mezzogiorno, mentre è previstal’estensione degli sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato anche nel settore agricolo.

Viene rifinanziata la cassa integrazione della pesca per 18 milioni di euro per il 2016, mentre viene confermato il budget di 140 milioni di euro in due anni a sostegno delle assicurazioni contro le calamità. Per quanto ilprogramma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura 2013-2015, all’interno della legge di stabilità è prevista la proroga del piano con un rifinanziamento di 3 milioni di euro nel 2016.

45 milioni di euro sono poi destinati al rinnovo delle macchine agricole, con un fondo, creato presso l’Inail, destinato a finanziare gli investimenti per l’acquisto o il noleggio con patto di acquisto di macchine o trattori agricoli. Infine, a livello amministrativo, per incrementare l’accesso al credito delle imprese agricole, l’Istituto sviluppo agroalimentare (Isa) e la Società gestione fondi per l’agroalimentare (Sgfa) saranno incorporati in Ismea.

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DSC_0397Addio diritti, benvenute autorizzazioni d’impianto? Le premesse non sono positive. È infatti ancora in fase di definizione il decreto con le disposizioni attuative. L’entrata in vigore del nuovo sistema è fissata per il 1° gennaio: molte scelte sono già definite, anche se in sede di Conferenza Stato-Regioni non si è giunti all’accordo. In mancanza di tale intesa, si segue la procedura di approvazione in Consiglio dei Ministri.

 Condannati al nanismo?

La bozza di decreto conferma l’assegnazione, per il 2016, delle autorizzazioni tramite sistema pro-rata, senza criteri di priorità, per una superficie massima di 6.450 ettari a livello nazionale pari a una crescita annua dell’1% (al lordo degli abbandoni) della superficie vitata italiana. Con una distribuzione che garantisce ad ogni Regione la stessa percentuale di crescita. «La gestione a livello territoriale è in fase di definizione – afferma il presidente del Consorzio del Barbera d’Asti e Monferrato Filippo Mobrici –. È una partita da giocare con attenzione, poiché si tratta di definire un piano triennale che riguarda ogni denominazione. Teniamo conto che la superficie media aziendale è soltanto di 2 ettari. Soffriamo di nanismo e questo nuovo sistema rischia di impedire la crescita».

Diversa l’opinione dell’Unione Agricoltori di Siena. «Credo – dice il presidente Giuseppe Bicocchi – che il nostro vigneto ne uscirà se non rafforzato, sicuramente indenne. Il sistema infatti comprende elementi che, se ben sfruttati, possano permettere al comparto di migliorarsi e anche di crescere». Sul piano regionale fondamentali risultano quindi gli accordi tra istituzioni, Regioni e Consorzi di tutela, nella valorizzazione del patrimonio viticolo territoriale.

Rendite stellari

Intanto, riguardo ai diritti di reimpianto detenuti dai produttori, il mercato è ancora aperto fino a fine anno e la compravendita in quest’ultimo periodo ha generato oscillazioni evidenti. In Friuli diritti da 7-8.000 euro vengono comprati oggi anche a 13-14.000 euro.

Attualmente a livello italiano ci sono infatti ancora diritti non utilizzati per circa 45.000 ettari, che potranno essere trasferiti entro il 31 dicembre oppure essere utilizzati dal titolare fino alla scadenza di validità dei diritti. Dopo il 1° gennaio 2016 potranno essere convertiti in autorizzazioni e usati dal detentore, ma non trasferiti.

«Questo è un limite – afferma Gianni Porcelli, vicedirettore di Confagricoltura Bari –. La non trasferibilità dell’autorizzazione neanche ai familiari è troppo restrittiva. Per quanto riguarda la Puglia, invece, la fine del sistema attuale è positiva perché attualmente moltissimi diritti vengono trasferiti ad altre regioni, soprattutto Veneto e Piemonte, impoverendo il patrimonio viticolo pugliese».

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