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117986_420x270Le aree di interesse ecologico sono uno dei tre impegni del greening (tab. 1), che è entrato in vigore con la nuova Pac, dal 1° gennaio 2015. Molto spesso le aree di interesse ecologico sono anche indicate come ecological focus area (EFA), secondo la terminologia inglese.

L'applicazione delle EFA è molto complessa e suscita molte domande, per i suoi vari aspetti applicativi nei tanti casi pratici che in questi mesi devono affrontare gli agricoltori italiani. L'obiettivo di ogni imprenditore agricolo è quello di rispettare le EFA, ai fine di percepire il pagamento greening, senza diminuire la produzione e senza aumentare i costi.

Quando si applicano le EFA?

Il terzo impegno del greening obbliga gli agricoltori a destinare una quota del 5% dei seminativi dell'azienda ad aree di interesse ecologico (EFA).

Il 5% di EFA si applica solo alle superfici a seminativo; non si applica alle colture permanenti e ai prati e pascoli permanenti (tab. 1). Le aziende di dimensione inferiore ai 15 ettari a seminativo sono esonerate dall'obbligo delle aree di interesse ecologico (tab. 2).

La percentuale del 5% di EFA può essere aumentata al 7% a partire dal 2018, a seguito di una relazione della Commissione, che dovrà essere presentata entro il 31 marzo 2017, e di un atto legislativo del Parlamento europeo e del Consiglio.

Il greening è stato fortemente criticato dal nuovo Parlamento europeo, dal nuovo Commissario all'Agricoltura Phil Hogan e dalla maggior parte degli Stati membri, per cui l'ipotesi di aumentare le EFA al 7% nel 2018 appare poco probabile.

Quando non si applicano le EFA?

L'impegno di destinare il 5% dei seminativi ad EFA non si applica nelle aziende:
• con superfici a seminativo inferiori a 15 ettari;
• i cui seminativi sono utilizzati per più del 75% per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio, per terreni lasciati a riposo, investiti a colture leguminose o sottoposti a una combinazione di tali tipi di impieghi, a condizione che i seminativi non sottoposti a tali impieghi non siano superiore a 30 ettari (tab. 3);
• la cui superficie agricola ammissibile è costituita per più del 75% da prato permanente, utilizzata per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio o investita a colture sommerse (es. riso) o sottoposta a una combinazione di tali tipi di impieghi, a condizione che i seminativi non sottoposti a tali impieghi non siano superiore a 30 ettari (tab. 4).

Tipologie di aree ecologiche

Gli Stati membri decidono cosa può essere considerato come area di interesse ecologico, tenuto conto di un elenco previsto dal Reg. 1307/2013 (art. 46, par. 2):
a) terreni lasciati a riposo;
b) terrazze;
c) elementi caratteristici del paesaggio, compresi gli elementi adiacenti ai seminativi dell'azienda, tra cui possono rientrare elementi caratteristici del paesaggio che non sono inclusi nella superficie ammissibile;
d) fasce tampone, comprese le fasce tampone occupate da prati permanenti, a condizione che queste siano distinte dalla superficie agricola ammissibile adiacente;
e) ettari agro-forestali che ricevono, o che hanno ricevuto, un sostegno dai PSR;
f) fasce di ettari ammissibili lungo le zone periferiche delle foreste;
g) superfici con bosco ceduo a rotazione rapida, senza impiego di concime minerale e/o prodotti fitosanitari;
h) superfici oggetto di imboschimento, ai sensi dei PSR;
i) superfici con colture intercalari o manto vegetale ottenuto mediante l'impianto o la germinazione di sementi.
j) superfici con colture azotofissatrici.

Il significato tecnico e la descrizione delle suddette tipologie di aree di interesse ecologico è riportata nella tabella 5.

Il decreto ministeriale n. 6513 del 18 novembre 2014 ha stabilito che sono considerate come EFA tutte quelle elencate dal art. 46, par. 2 del Reg. 1307/2013 (tab. 5), ad eccezione delle superfici con colture intercalari. Lo stesso decreto ministeriale stabilisce le colture azotofissatrici, utilizzabili come aree di interesse ecologico (tab. 6). Su tali colture azotofissatrici sono posti due vincoli:
• rispetto dei vincoli della direttiva 91/676/ CEE (Direttiva Nitrati);
• distanza di almeno dieci metri dal ciglio di sponda dei corpi idrici individuati dalle Regioni e Province autonome ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e ad almeno cinque metri dal ciglio di sponda dei restanti corsi d'acqua, avuto riguardo agli obiettivi di cui alla direttiva 2000/60/CE.

Sulle colture azotofissatrici non ci sono vincoli realtivi all'uso dei diserbanti e/ concimazioni.

Le aree di interesse ecologico (EFA) devono essere situate (tab. 7):
• sui seminativi dell'azienda;
• anche adiacenti ai seminativi dell'azienda, nel caso in cui gli elementi caratteristici del paesaggio e le fasce tampone;
al di fuori dei seminativi, se trattasi delle superfici con bosco ceduo a rotazione rapida e delle superfici oggetto di imboschimento.
I terreni a riposo, le terrazze, gli ettari agroforestali, fasce lungo le zone periferiche delle foreste e le colture azotofissatrici devono essere sui seminativi dell'azienda.

Il bosco ceduo a rotazione rapida e le superfici oggetto di imboschimento, visto che queste superfici sono classificate come “colture permanenti”, possono essere situate anche al di fuori dei seminativi dell'azienda.

Gli elementi caratteristici del paesaggio e le fasce tampone possono essere situate anche adiacenti ai seminativi dell'azienda (fig. 1), ma non fuori dall'adiacenza dei seminativi (fig. 2 e 3).

Il calcolo del 5%

Il calcolo delle EFA deve tener conto dei seminativi e di alcuni elementi caratteristici delle EFA (art. 46, par. 1, Reg. 1307/2013).
Più precisamente, quando vengono considerati alcuni elementi caratteristici, il calcolo delle EFA è pari a:

EFA = 5% * (S + c + d + g + h)

S = seminativi;
c = superfici occupate da terrazze;
d = superfici occupate da elementi caratteristici del paesaggio;
g = superfici con bosco ceduo a rapida rotazione;
h = superfici oggetto di imboschimento con PSR.

Pertanto il calcolo delle EFA è pari:
• al 5% dei seminativi, se l'azienda dichiara solo i seminativi come EFA;
• al 5% dei seminativi più alcuni elementi caratteristici delle EFA.
Ad esempio, un'azienda con 100 ettari di seminativi e 10 ettari di bosco ceduo a rapida rotazione (dichiarati come EFA), deve calcolare il 5% di EFA su 110 ettari, pari quindi 5,5 ettari di EFA.

Altro esempio: un'azienda con 50 ettari di seminativi e 3 ettari di siepi e fasce tampone (dichiarati come EFA), deve calcolare il 5% di EFA su 53 ettari, pari quindi 2,65 ettari di EFA.

Fattori di conversione e ponderazione

I tipi di aree di interesse ecologico, elencate nella tabella 5, sono molto diversi tra di loro,sia per unità di misura (ad esempio le siepi di misurano in metri lineari) sia per valore ecologico (ad esempio il valore ecologico di un ettaro di terreno lasciato a riposo è superiore a quello di ettaro una coltura azotofissatrice).

Per semplificare l'amministrazione e tener conto delle caratteristiche dei tipi di aree di interesse ecologico, nonché per facilitarne la misurazione, gli Stati membri si avvalgono, quando calcolano gli ettari totali rappresentati dall'area di interesse ecologico dell'azienda, dei fattori di conversione e/o di ponderazione che figurano nell'allegato X del Reg. 1307/2013. L'Italia ha adottato gli stessi fattori di conversione e/o di ponderazione del regolamento comunitario (tab. 8).

Un fattore di conversione è finalizzato a trasformare la misurazione delle EFA in ettari.

Un fattore di ponderazione è finalizzato a trasformare il valore ecologico delle EFA.

Ad esempio, il fattore di conversione delle siepi (m/m²) è pari a 5 e il fattore di conversione è 2, quindi 1.000 metri lineari di siepe corrisponde a 10.000 m² di EFA.

Altro esempio: il fattore di conversione dei fossati (m/m²) è pari a 3 e il fattore di conversione è 2, quindi 2.000 metri lineari di fossato corrisponde a 12.000 m² di EFA.

Altro esempio: il fattore di ponderazione delle colture azotofissatrici è pari a 0,7; quindi 10 ettari di soia o favino o erba medica corrispondono a 7 ettari di EFA.

Gli agricoltori devono rilevare le aree di interesse ecologico presenti nella propria azienda (siepi, stagni, fissati, fasce tampone, ettari agroforestali, superfici oggetto di imboschimento, colture azotofissatrici, terreni lasciati a riposo, ecc.) per poi trasformarli in EFA, utilizzando i fattori di conversione e/o di ponderazione.

Se tali elementi non sono sufficienti, dovrà introdurre qualche nuova area ecologica (ad esempio una coltura azotofissatrice o terreni lasciati a riposo) per soddisfare il 5% di EFA.

Facciamo un esempio. Un agricoltore deve avere la presenza di 5 ettari di EFA. In primo luogo, l'agricoltore rileva le EFA strutturali presenti nella propria azienda: siepi, bordi di campi, alberi isolati, fossati e bosco ceduo (tab. 9). Tali elementi, considerando i relativi fattori di conversione e di ponderazione, sviluppano 29.300 m2 di EFA (2,93 ettari), che non sono sufficienti per soddisfare il 5% di EFA (5 ettari).

Per raggiungere questo obiettivo, l'agricoltore introduce 3 ettari di favino, che sviluppano 2,1 ettari di EFA, in modo da raggiungere i 5 ettari di EFA (tab. 9).

Le pratiche equivalenti

Per evitare di penalizzare quanti già adottano sistemi di sostenibilità ambientale, il Reg. 1307/3013 (art. 43, par. 3) prevede un sistema di equivalenza d'inverdimento in base al quale si considera che le prassi favorevoli all'ambiente già in vigore sostituiscano gli obblighi del greening.

Le pratiche equivalenti sono elencate nell'allegato IX del Reg. 1307/2013 e sono contemplate da:
• i regimi agroambientali dei PSR (Reg. 1698/2005 o Reg. Ce 1305/013) che adottano misure equivalenti;
• i sistemi di certificazione ambientale nazionali o regionali.

Il decreto ministeriale, in corso di emanazione, ha previsto che nel 2015 gli agricoltori non possono avvalersi delle pratiche equivalenti, ai fini del rispetto del greening. Questa scelta è dovuta al fatto che le pratiche equivalenti dovevano essere individuate dallo Stato membro per ogni PSR, ma i PSR 2014-2020 devono essere ancora approvati. Quindi l'individuazione delle pratiche equivalenti sarebbe dovuta avvenire all'interno dei PSR 2007-2013. Questa individuazione avrebbe avuto la validità per il solo anno 2015, mentre dal 2016 l'individuazione delle pratiche equivalenti sarebbe dovuta avvenire con i nuovi PSR 2014-2020. Per questa ragione, il decreto ministeriale ha evitato l'utilizzo della pratiche equivalenti per il 2015, rimandando questa decisione al 2016.

Gli effetti delle aree ecologiche

L'impegno delle aree di interesse ecologico provoca maggiori impatti per le aziende intensive, con più di 15 ettari a seminativo. Le aziende di collina o di montagna non avranno grandi difficoltà ad destinare il 5% dei seminativi ad aree di interesse ecologico, in quanto possono facilmente trovare delle superfici marginali che possono efficacemente essere destinate a terreni a riposo o dove sono presenti elementi caratteristici del paesaggio.

Invece, l'obbligo delle EFA è molto impattante per le aziende agricole ad agricoltura specializzata sia al Nord (es. maiscoltura della pianura padana) che al Centro-sud Italia (es. granidurocoltura del Tavoliere delle Puglie). Un'azienda interamente a seminativi dovrà sottrarre almeno il 5% della superficie per aree di interesse ecologico. In tali casi, l'agricoltore che non ha la convenienza ad introdurre il set aside ecologico (terreni lasciati a riposo), potrà valutare l'introduzione di una coltura azotofissatrice, come la soia che, oltretutto, beneficia del pagamento accoppiato. Oppure potrà scegliere di rinunciare al pagamento greening; alcuni maiscoltori della pianura padana hanno già valutato di rinunciare al pagamento greening pur di proseguire la monocoltura di mais.

La maggior parte degli agricoltori sta trovando soluzioni efficienti al vincolo delle EFA con le colture azoto-fissatrici, ad esempio la soia al Nord e le leguminose al centro-sud.

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117862_420x270L'applicazione del greening preoccupa molti agricoltori e suscita molte domande; in effetti, la normativa sul greening è molto articolata e complessa. Man mano che la normativa viene completata dai decreti ministeriali e dalle circolari Agea (tab. 1), la complicazione aumenta e le incertezze sono sempre più numerose. Tuttavia l'agricoltore non ha alternative: deve conoscere la nuova normativa e applicarla con la massima efficienza, garantendosi il percepimento di tutti gli aiuti, senza diminuire la produzione e senza aumentare i costi. In questo articolo, affrontiamo le domande più frequenti degli agricoltori, alla luce dei recenti chiarimenti del Ministero e delle ultime circolari Agea, in particolare la Circolare n. ACIU.2014.812 del 16 dicembre 2014, che fornisce importanti chiarimenti sulla diversificazione e sulle aree di interesse ecologico (EFA).

Localizzazione dei corpi aziendali sottoposti ai vincoli greening

Molte aziende sono costituite da più corpi aziendali, anche distanti tra loro, in alcuni casi in province diverse. Come avviene il calcolo delle percentuali di diversificazione e delle EFA quando i seminativi si trovano in corpi aziendali differenti e discontinui della stessa azienda?

La definizione di “azienda” del Reg. 1307/2013 (art. 4) è la seguente: “tutte le unità usate per attività agricole e gestite da un agricoltore, situate nel territorio di uno stesso Stato membro”. Questa definizione conferma chiaramente che ci si riferisce all'intero Stato Membro e non a una regione o ad altre delimitazioni geografiche. Quindi il calcolo della diversificazione e delle aree ecologiche dev'essere fatto sull'intera azienda, a prescindere dalle eventuali differenti dislocazioni delle unità aziendali. Questa interpretazione presenta notevoli implicazioni per le situazioni nelle quali l'azienda agricola ha terreni sparsi sul territorio italiano; ad esempio un agricoltore potrebbe coltivare interamente a mais un corpo aziendale a Cremona e destinare alle altre colture e alle EFA un corpo aziendale situato in Sardegna.

Greening per vigneti e oliveti

Un'azienda che ha solo superfici a vigneto e oliveto come fa a rispettare il greening e quindi a riscuotere il pagamento per il greening?

Gli impegni del greening sono (tab. 2): 1) diversificazione delle colture (si applica ai seminativi); 2) mantenimento dei prati permanenti (si applica ai prati permanenti); 3) presenza un'area di interesse ecologico (si applica ai seminativi). Un agricoltore che ha solo superfici a vigneto e oliveto non possiede seminativi e prati permanenti. Quindi non deve rispettare la diversificazione e le EFA, che si applicano alle aziende con una superficie a seminativi oltre una certa soglia e non deve rispettare gli obblighi relativi ai prati permanenti. Di conseguenza, avendo diritto al pagamento di base e considerato che il greening è una percentuale del pagamento di base, l'agricoltore percepirà l'aiuto previsto per il greening senza dover praticare le tre azioni obbligatorie.

Tutte le sanzioni per il mancato rispetto

Un'azienda che dai controlli risulta non aver rispettato gli impegni del greening, viene sanzionata? Con quale gradualità?

  Il mancato rispetto degli impegni del greening comporta l'applicazione di riduzioni sul pagamento “greening” (art. 77, par. 6, Reg. 1306/2013), in funzione della/e irregolarità riscontrate (articoli da 22 a 27 del regolamento (UE) n. 640/2014). La riduzione dell'importo del pagamento greening, può arrivare al 100% nel caso di maggiore gravità del mancato rispetto. I regolamenti non prevedono l'applicazione di sanzioni fino al 2017. Dal 2017 in poi le irregolarità rilevate sul greening potranno tramutarsi in sanzioni applicabili anche sugli altri pagamenti. Infatti, a partire dal 2017, il mancato rispetto del greening comporta una sanzione che va ad intaccare anche gli altri pagamenti (di importo pari al 20% del pagamento verde nel 2017 e pari al 25% dal 2018). In altre parole, dal 2017, l'agricoltore che non rispetta il greening perde tale pagamento e, in aggiunta, subisce una riduzione degli altri pagamenti pari al 20-25% del pagamento verde (tab. 3).

Coltura diversificante/1 Il periodo di riferimento

La circolare Agea ACIU 2014 n. 702 fissa il periodo per calcolare la diversificazione dal 1 aprile al 9 giugno. Nel caso di più colture che si succedono sulla stessa superficie quale è la coltura diversificante? Quella che viene per prima nel ciclo vegetativo? (Allora va stabilito da quando calcolo il ciclo). Oppure è quella che permane più a lungo nel periodo di osservazione stabilito? Faccio un esempio: LOIETTO seminato il 27 ottobre 2014 e raccolto il 10 aprile 2015. il 20 aprile viene seminato il MAIS DA GRANELLA che sarà raccolto il 15/09/2015. Rispetto al ciclo colturale che, nella nostra zona va indicativamente dal 1° ottobre al 30 settembre dell'anno successivo, il loietto resta in campo 5 mesi e 14 giorni mentre il mais 4 mesi e 28 giorni quindi la coltura diversificante è certamente il loietto a semina autunnale. Rispetto al periodo della circolare sopracitata per il loietto 10 giorni per il mais 1 mese e 20 giorni. In questo caso la coltura diversificante è senza dubbio il mais da granella.

Il periodo di riferimento non è il periodo nel quale si riscontra la coltura principale, ma il periodo all'interno del quale devono essere comunque presenti le colture che si definiscono principali. Quindi il periodo di coltivazione di ogni coltura sarà considerato nel suo complesso, ma deve comunque intercettare il periodo di riferimento. Rispetto all'esempio, al di là del conteggio dei giorni di presenza in campo, la coltura di mais con ciclo di quasi 5 mesi non potrà essere considerata coltura secondaria. Si consideri infatti l'articolo 40 del regolamento (UE) n. 639/2014, primo paragrafo: “1.Ai fini del calcolo delle quote delle diverse colture di cui all'articolo 44, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1307/2013, il periodo da considerare è la parte più significativa del ciclo colturale, tenendo conto delle pratiche colturali tradizionali nel contesto nazionale.” In relazione alle pratiche colturali tradizionali nel contesto nazionale, soprattutto per aree vocate, il mais è sempre stata la coltura centrale a meno che si tratti di secondo raccolto. (Fonte: Circolare n. ACIU.2014.812 del 16 dicembre 2014).

Coltura diversificante/2 Loietto-mais insilato

L'art. 40, paragrafo 1, del Reg. 639/2014, prevede che il periodo da considerare ai fini del calcolo delle quote delle diverse colture è la parte più significativa del ciclo colturale, tenendo conto delle pratiche colturali tradizionali nel contesto nazionale. Quindi in presenza del seguente ordinamento colturale: • LOIETTO - semina dal 01/10 al 20/10 e raccolta dal 01/05 al 20/05 • in successione MAIS DA INSILATO - semina dal 20/05 al 15/06 raccolta dal 01/09 al 15/09. Quale è coltura diversificante, tenendo presente 8 mesi del loietto contro i 4 mesi del mais?

Il loietto è la coltura diversificante. Il mais è chiaramente una seconda coltura (ciclo breve). Se fosse stata una coltura di mais da granella la risposta sarebbe stata: il mais è la coltura diversificante (tab. 4).

Coltura diversificante/3 Loietto-mais granella

In presenza del seguente ordinamento colturale: • LOIETTO - semina dal 01/10 al 20/10 e raccolta dal 01/05 al 20/05 • in successione MAIS da granella - semina dal 20/05 al 15/06 raccolta dal 20/09 al 15/10. quale è la coltura diversificante?

Il mais è la coltura diversificante. Agea, con Circolare n. ACIU.2014.812 del 16 dicembre 2014, ha precisato che le colture di cereali con destinazione produttiva da granella sono considerate normalmente come coltura diversificante (tab. 4). Di conseguenza, all'interno di una successione colturale dichiarata sul medesimo terreno, una coltura primaverile estiva come il mais da granella o il girasole non potrà essere considerata coltura secondaria.

La diversificazione con loietto-mais in successione

Un'azienda di 30 ettari con: • 20 ettari a MAIS CLASSE FAO 700 • 10 ettari a LOIETTO + MAIS CLASSE FAO 300-400 Nel piano colturale, redatto nel periodo febbraio-maggio, sarà indicato parte della superficie a loietto e parte a mais semina dal 01/03 al 15/04, in questo caso la diversificazione è rispettata?

Sì, perché l'azienda ha esattamente 30 ettari di seminativo e deve prevedere la presenza di due colture. Nel caso in questione sono presenti le due colture e la principale occupa il 66% del seminativo, quindi inferiore al 75% fissato come soglia massima dal regolamento. Se avesse avuto anche un ettaro in più, la risposta sarebbe stata no, perché sarebbe mancata la terza coltura (o le terze colture). Diverso è il discorso rispetto al mais di secondo raccolto, con varietà a ciclo breve, che può essere considerato come seconda coltura. Nel caso in questione: • sui 20 ettari a Mais Classe FAO 700, la coltura diversificante è il mais, in quanto è l'unica coltura presente; • sui 10 ettari a Loietto e Mais Classe FAO 300-400, la coltura diversificante è il loietto, in quanto è la coltura più presente nel terreno (7 mesi), mentre il mais con varietà a ciclo breve è considerato come seconda coltura.

Più colture presenti in azienda

Nel caso di un'Azienda che ha 30 ettari di seminativi con colture così distribuite: Grano 8 ettari Mais 6 ettari Zucchina 1 ettari Pomodoro 2 ettari Favino 5 ettari Veccia 8 ettari tenendo conto che si tratta solo di primo raccolto, qual è la coltura principale?

La Circolare ACIU.2014.702 si riferisce alle colture principali in relazione alla presenza, sullo stesso terreno e nella stessa annata agraria, di una successione di colture diverse. Tra queste, il beneficiario dovrà indicare la principale, rispettando le condizioni riportate nella circolare stessa. Nel regolamento (UE) n. 1307/2013, articolo 44, ci si riferisce alla coltura principale come quella che occupa la maggiore quantità di superficie tra i seminativi a disposizione dell'azienda. Nel primo caso esemplificato, le colture principali sono il grano e la veccia, con otto ettari ciascuna, di cui nessuna supera il 75% della superficie totale. Il fatto che ogni ettaro è investito a colture a unico raccolto elimina le eventuali ambiguità sull'identificazione della coltura principale ai fini della diversificazione su ogni singolo ettaro di seminativo. (Fonte: Circolare n. ACIU.2014.812 del 16 dicembre 2014).

Azienda con solo erba

Un'azienda che produce solo erba ha assolto il greening per definizione? Ad esempio, un'azienda che ha tutta la superficie investita a 160 ettari di erba medica non deve fare né diversificazione né Efa?

Un'azienda come quella indicata non deve fare diversificazione, perché tutti i suoi seminativi sono occupati da: a) prato permanente, se il medicaio lascerà il terreno dopo 5 anni o più, oppure b) colture per la produzione di erba o altre piante erbacee da foraggio. Nel caso a), non deve rispettare i vincoli EFA, in quanto non ha più seminativi, ma dovrà rispettare i vincoli relativi ai prati permanenti. Nel caso b), si considera aver rispettato il vincolo relativo alla presenza del 5% di EFA sui propri terreni, in quanto l'erba medica è tra le colture azotofissatrici elencate nell'allegato III del Decreto ministeriale n. 6513 del 18 novembre 2014.

Azienda con soia in rotazione

Una azienda che ha nel suo piano colturale: 20 ettari di grano, 10 ettari di soia, 6 ettari di sorgo, rispetta gli impegni del greening? Per quanto riguarda l'obbligo EFA lo può fare con 2,57 ettari di soia (2,57*0,7 =1,8 ettari di EFA, pari al 5% dei seminativi).

Il calcolo per la diversificazione è corretto: • seminativi totali = 36 ettari; • 20 ettari a grano, pari al 55%, inferiore al limite massimo del 75% per la coltura principale; • 10 ettari a soia, pari al 28% circa, quindi le due colture principali (grano + soia) non superano il 95% del totale dei seminativi. Per quanto riguarda le EFA, la soia, essendo un'azotofissatrice nell'allegato III del Decreto ministeriale n. 6513 del 18 novembre 2014, è considerata con un fattore di ponderazione pari a 0,7. Quindi 10 ettari di soia valgono (potenzialmente) fino ad 7 ettari di EFA. (Fonte: Circolare n. ACIU.2014.812 del 16 dicembre 2014).

Soia come azotofissatrice e pagamento accoppiato

Un agricoltore rispetta i requisiti EFA tramite la produzione di soia (coltura azotofissatrice, ad esempio la soia al nord e il favino al centro-sud). Può ottenere il pagamento accoppiato per le colture proteiche sulle stesse superfici?

L'articolo 46(10) del Reg. 639/2014 indica che lo Stato Membro stabilisce una lista di colture azotofissatrici e che questa lista deve contenere le colture azotofissatrici che lo Stato membro ritiene contribuiscano a migliorare la biodiversità. La stessa coltura può essere ammissibile sia per il pagamento accoppiato che per il greening poiché gli obiettivi assegnati ad ognuno di questi schemi sono diversi. Proprio per quest'ultimo motivo, i criteri per definire le colture ammissibili ai due schemi sono diversi. In particolare, la decisione di premiare le colture proteiche tramite il sostegno accoppiato deve essere basata su criteri legati al loro elevato contenuto di proteine e non alle loro caratteristiche e importanza come colture azotofissatrici.

Azotofissatrici non in purezza

In riferimento all'articolo 45(10) del Reg. 639/2014, è possibile inserire semi misti di colture azotofissatrici e altre colture all'interno della lista delle colture azotofissatrici?

No. L'articolo 45(10) del Reg. 639/2014 non prevede, ai fini della determinazione delle EFA, la possibilità di mescolare colture azotofissatrici con altre specie, per esempio specie erbose.

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