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20160528_105623Le superfici seminate a frumento duro in Italia nel 2014-15 hanno fatto registrare una nuova lieve crescita, raggiungendo 1,31 milioni di ettari (fonti Istat e Ismea) che, secondo le prime stime, avrebbero portato la produzione nazionale totale a circa 4,3 milioni di tonnellate di granella.

Alla luce della crescente richiesta internazionale di prodotti made in Italy e di pasta in particolare, e, considerando che già da tempo il settore della trasformazione necessita di quantitativi di materia prima ben superiori, esisterebbero ampi margini di crescita anche per il settore primario nazionale soprattutto se si riuscisse a garantire un elevato e stabile livello qualitativo ed igienico-sanitario delle produzioni e una maggiore concentrazione dell’offerta.

Sul fronte dei prezzi le quotazioni nazionali si aggirano attualmente intorno alle 320 €/t con un trend leggermente calante, ma con un +10% rispetto al 2014. In ambito internazionale è stimato un consistente aumento dei raccolti in Europa e negli Usa che farebbe paventare un futuro livellamento dei prezzi verso il basso, anche se rimane l’incognita siccità in Canada, nostro principale esportatore.

La Rete nazionale frumento duro, realizzata con prove svolte con protocolli comuni in ambienti rappresentativi delle diverse regioni, permette di acquisire e di divulgare in maniera tempestiva le caratteristiche produttive, qualitative e di sensibilità alle principali fitopatie di numerose cultivar per valutare il loro adattamento nei diversi areali anche al variare dell’andamento climatico negli anni.

Le varietà saggiate nella Rete sono iscritte ai registri varietali nazionali o internazionali e certificate dal Centro di sperimentazione e certificazione delle sementi del Crea (già Ense). Nel 2014 il quantitativo (195.000 tonnellate) di semente certificata (figura 1) è leggermente aumentato rispetto all’anno precedente (+4%). Nella graduatoria delle varietà più riprodotte troviamo nelle prime 5 posizioni le stesse cultivar dello scorso anno, anche se in leggera flessione. Al 6° posto avanza Odisseo e al 7° si inserisce Achille, mentre Duilio esce dalla classifica dalle prime 10.

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La 42a Rete nazionale frumento duro, coordinata dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Economia Agraria – Unità di ricerca per la valorizzazione qualitativa dei cereali (Crea-Qce) di Roma, ha visto la realizzazione di 41 prove sperimentali dislocate in 13 regioni aggregate in 6 areali: Sicilia (4 campi), Sardegna (4 campi), Sud peninsulare (9 campi), versante adriatico dell’Italia centrale (4 campi, tutti nelle Marche), versante tirrenico dell’Italia centrale (8 campi) e Nord (12 campi). Nella tabella  sono riportate le istituzioni pubbliche e private e i responsabili delle prove che hanno contribuito a realizzare la Rete.

Complessivamente sono state saggiate 39 varietà, di cui 22 presenti in tutti i campi, 8 comuni nel macroareale Centro-Nord (versante tirrenico e adriatico dell’Italia centrale e Nord), 4 nel macroareale Sud-Isole (comprendente Sud peninsulare, Sicilia e Sardegna), 4 al Sud e Sicilia e 1 solo in Sardegna (tabella 1). Le varietà al primo anno di prova sono state 7: Corallo, Credit, Opera e Vespucci testate in tutti i campi; Fabulis, Marakas e Texur saggiate solo nel macroareale Centro-Nord.

Andamento meteorologico

Le semine per la stagione 2014-15 sono avvenute generalmente in ritardo, e su terreni non sempre ben lavorati, per le abbondanti precipitazioni autunnali che hanno ostacolato la preparazione dei letti di semina. I mesi invernali sono risultati nel complesso poco piovosi e con temperature al di sopra delle medie poliennali; non si sono verificati quindi ristagni d’acqua a vantaggio degli apparati radicali che hanno potuto approfondirsi adeguatamente. Le piogge sono poi cadute alla fine della levata, durante la spigatura e la granigione con temperature che nella prima decade di aprile e nella terza di maggio hanno mostrato un brusco abbassamento rispetto alla norma. L’andamento meteorologico ha favorito una limitata diffusione delle malattie fungine anche per l’innalzarsi repentino delle temperature durante il mese di giugno che ha favorito la chiusura del ciclo vegetativo e un leggero anticipo delle raccolte.

Risultati

Nella figura 2 sono riportati i valori medi di produzione, tenore proteico, peso ettolitrico e peso 1.000 cariossidi ottenuti quest’anno nei 6 areali a confronto con le medie del quinquennio 2010-2014.

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Anche nel 2015 si sono avute risposte diversificate tra gli areali. Aumenti delle rese sono stati rilevati in Sardegna (+8%) e nel Centro tirrenico (+4%); in lieve diminuzione le produzioni al Nord e nel Centro adriatico (-1% circa), mentre decrementi maggiori sono stati registrati in Sicilia (-4%) e soprattutto al Sud peninsulare (-14%).

Il contenuto proteico medio è risultato inferiore al valore poliennale solo in Sardegna (12,2% s.s. contro 12,6% s.s.), areale caratterizzato dalle rese più elevate della stagione e unico con tenore in proteine inferiore al 13%. Nel Centro-Nord il livello delle proteine è rimasto uguale a quello poliennale e compreso tra il 13,5% del Centro tirrenico e il 13,1% del Nord. Nel Sud peninsulare il contenuto proteico è aumentato di 0,3 punti percentuali passando dal 12,9% al 13,2%. L’incremento maggiore per questo carattere è stato rilevato in Sicilia dove la media si è attestata a 13,8%, 1,2 punti percentuali in più rispetto a quella del poliennio di riferimento.

Il buon andamento climatico che ha accompagnato la fase di granigione ha condizionato positivamente il peso ettolitrico della granella: in tutti gli areali è infatti risultato superiore in media agli 80 kg/hl (I classe di qualità UNI). Notevoli incrementi del peso volumetrico apparente si sono avuti in tutti gli areali Centro settentrionali (+3%) con valori compresi tra 83,5 (Centro adriatico) e 81,2 kg/hl (Nord). Diverso invece l’andamento mostrato nel Sud-Isole. In Sardegna il valore medio del peso ettolitrico si è attestato a 81,8 kg/hl, con un incremento di circa 2 punti rispetto alla norma; al Sud (81,2 kg/hl) è risultato simile a quello di lungo periodo mentre in Sicilia è stata registrata una contrazione di 1,3 punti (da 81,8 a 80,5 kg/hl).

Il peso delle 1.000 cariossidi è aumentato di circa 2 g in quasi tutti gli areali. Il livello medio più elevato è stato registrato al Nord (51,9 g); le dimensioni dei semi sono risultate maggiori della norma anche in Sardegna, in Sicilia e nel Centro tirrenico, simili al valore poliennale nel centro adriatico e inferiori di oltre 3 g solo nel Sud peninsulare, areale in cui in molte località sono mancate quasi del tutto le piogge dopo la spigatura.

Ciclo alla spigatura

Le temperature invernali particolarmente miti hanno determinato una spigatura lievemente anticipata al Nord (data media 4 maggio, 2 giorni in meno rispetto al poliennio di riferimento) e in misura maggiore nel Centro adriatico (29 aprile, 3 giorni prima rispetto alla norma).

In Sardegna, in Sicilia e nel Centro tirrenico invece la spigatura media è avvenuta con circa un giorno di ritardo (16 aprile, 18 aprile e 2 maggio, rispettivamente). Più evidente è risultato il posticipo (5 giorni) rispetto al valore poliennale registrato nel Sud (data media 2 maggio).

Il divario minimo tra le varietà più precoci e le più tardive è stato registrato al Nord (7 giorni) quello massimo in Sicilia (15 giorni).

Tra le varietà comuni, Svevo, Duilio, Credit, Iride e Saragolla sono risultate le più precoci, mentre Dylan, Vespucci e Corallo le più tardive. Tra le specifiche, le cultivar che hanno spigato prima sono state Orizzonte (nel Sud-Isole) e Athoris (nel Centro-Nord); quelle più tardive Homer e Gibraltar (nel Sud-isole), Fabulis e Colombo (nel Centro-Nord).

Produzione e caratteri merceologici

Risultati del Sud-Isole. Nella tabella 2 sono riportati i principali risultati delle varietà provate nei tre areali del Sud-Isole: 26 comuni a tutti i campi, 4 presenti nel Sud peninsulare e in Sicilia e 1 solo in Sardegna.

In Sicilia la stagione 2014-15 è risultata decisamente meno produttiva della precedente (4,4 t/ha contro le 5,09 del 2014) e in lieve diminuzione anche rispetto al dato medio del quinquennio di riferimento (4,6 t/ha). Ai primi posti della graduatoria si sono collocate tutte varietà che hanno confermato le buone performance evidenziate negli anni precedenti. Con una resa media di 5,2 t/ha, Monastir è risultata la varietà più produttiva (indice di 118 e media campo superata in tutte le 4 prove); ha preceduto Asterix, specifica dell’areale (5,00 t/ha, indice di 114), Saragolla (indice di 113) e Ramirez (112), anche queste con media campo superata in tutte le prove. Rese comprese tra 4,8 e 4,64 t/ha e superiori alle medie in 3 ambienti su 4 sono state mostrate da Emilio Lepido, Antalis, la specifica Gibraltar, Kanakis e Anco Marzio.

Il contenuto proteico è risultato decisamente superiore alla norma (13,8 contro 12,6% s.s.). Aureo si conferma come la cultivar con il più elevato tenore proteico (15,6% s.s.), associato però a rese decisamente inferiori alle medie, stessa caratteristica di Svevo (14,9% s.s.) e di Orizzonte (14,7% s.s., specifica dell’areale). Tra le varietà più produttive, le uniche caratterizzate da contenuto in proteine superiore alla media di areale sono state Emilio Lepido (14,6% s.s. e indice di resa di 109) e Tirex (14,0% s.s. e indice di 104). Tenori proteici e rese, entrambi di poco superiori alla media, sono stati mostrati da Ettore, Odisseo e dalla novità Vespucci.

La media regionale del peso ettolitrico è risultata di 80,5 kg/hl, contro un valore poliennale di 81,8 kg/hl. Ettore (indice di resa di 101), Dorato (103), Antalis (108), Anco Marzio (105) e Claudio si confermano per questo carattere con pesi specifici superiori a 82 kg/hl. Buoni anche i risultati ottenuti da Vespucci, Tirex e Kanakis, tutte con resa superiore alla media, e Corallo che hanno mostrato pesi volumetrici apparenti tra 81,8 e 81,2 kg/hl.

Superiore ai valori di lungo periodo è stato il peso delle 1.000 cariossidi (46,7 g contro 44,9 g). Alemanno si conferma la varietà con il seme più grande (55 g), seguita da Orizzonte, Simeto, Duilio e Core (indice di resa di 104), tutte con valori superiori a 50 g. Le altre cultivar che hanno associato rese e dimensioni delle cariossidi maggiori delle medie sono state Antalis, Monastir, Dorato e Vespucci.

In Sardegna la resa media (6,87 t/ha) è risultata superiore alle 6,5 t/ha per il quarto anno consecutivo. Antalis, la cultivar più produttiva, ha mostrato una produzione di 7,88 t/ha, un indice di 118 e superiore a 100 in 3 prove su 4; indici di 113 e 112 e superiori a 100 in tutte le prove sono stati ottenuti, rispettivamente, da Iride e Ramirez. In classifica si sono poi collocate, con rese comprese tra 7,6 e 7,2 t/ha, Saragolla, Monastir, Ettore, Emilio Lepido e Alemanno, le ultime due con indici superiori a 100 in tutte le prove.

La media di areale del contenuto proteico (12,2% s.s.) è stata la più bassa dei 6 areali e inferiore a quella di lungo periodo (12,6%). Anche in questa regione Aureo si conferma per il tenore in proteine più elevato (13,5% s.s. e unica varietà a superare la soglia del 13%); seguono Orizzonte e Marco Aurelio con il 12,8%, Tirex, Karalis e Svevo con il 12,5%. Le cultivar che si evidenziano per proteina e produzione superiori alle medie sono state Antalis, Emilio Lepido, Claudio e Simeto.

Il peso ettolitrico medio è risultato, in questa regione, di 81,8 kg/hl, superiore di oltre 1 punto rispetto alla norma. Antalis, la varietà più produttiva dell’areale, ha mostrato il valore più elevato per questo carattere (84,2 kg/hl); pesi specifici compresi tra 83,8 e 82,9 kg/hl sono stati ottenuti da Ettore, Alemanno, Claudio e Kanakis (che hanno associato anche rese superiori alla media), e dalla novità Opera, dalla specifica Karalis e da Anco Marzio che si conferma per questo carattere. Solo Simeto e Monastir hanno fatto rilevare pesi ettolitrici medi inferiori a 80 kg/hl.

Anche il peso delle 1.000 cariossidi (47,5 g) ha mostrato un incremento (+2,6 g) rispetto al valore di lungo periodo. Pesi compresi tra 55,8 e 54,5 g sono stati rilevati per Alemanno, Orizzonte (unica con indice di resa inferiore a 100), Antalis e Simeto. Claudio, Credit, Ettore e Monastir si evidenziano per pesi della granella e produzioni superiori alle medie di areale.

Nel Sud peninsulare è stata registrata la produzione più bassa dei 6 areali, in diminuzione anche rispetto alla media poliennale (3,6 t/ha contro 4,18 t/ha del quinquennio 2010-2014).

La varietà più produttiva è stata Ramirez (4,2 t/ha, indice di resa di 116 e media campo superata in tutte le 9 prove) seguita da Monastir (4,04 t/ha, indice di 112 e superiore a 100 in 8 campi) e dalla specifica dell’areale Gibraltar (4 t/ha, indice di 111 e media superata in tutte le prove), cultivar che hanno confermato i buoni risultati conseguiti negli anni precedenti. Queste hanno preceduto un gruppo di 5 varietà caratterizzate da indici compresi tra 111 e 104 e superiori a 100 in 7 prove su 9: Saragolla, Claudio, Ettore e le specifiche Asterix e Dorato.

Il contenuto in proteine è risultato di poco superiore al valore poliennale (13,2% rispetto a 12,9%). Aureo si conferma anche in questo areale la varietà con il più elevato tenore proteico (14,3% s.s.), seguita da Svevo e Marco Aurelio (13,9%), da Ovidio e Orizzonte (13,7%) e Dylan (13,5%). Tra le più produttive l’unica ad aver associato anche un tenore proteico di poco superiore alla media è stata Ettore, valori uguali o leggermente inferiori sono stati mostrati da Claudio, Monastir, Asterix e Gibraltar. Proteine attorno alla media e indici di resa superiori a 100 sono stati ottenuti anche da Antalis e Tirex.

Simile ai valori di lungo periodo è risultato il peso ettolitrico medio (81,2 kg/hl); Dorato e Claudio hanno mostrato i pesi più elevati (83,2 e 83,0 kg/hl, rispettivamente); pesi specifici compresi tra 82,9 e 82,0 kg/hl hanno caratterizzato le produttive Ettore, Antalis, e Kanakis oltre alla novità Vespucci, Anco Marzio e Dylan. Rese e pesi ettolitrici superiori alle medie di areale sono stati mostrati anche da Tirex e Alemanno.

L’innalzamento termico e le scarse precipitazioni che hanno caratterizzato l’ultima parte del ciclo hanno penalizzato le dimensioni della granella: il peso delle 1.000 cariossidi è infatti diminuito rispetto alla media poliennale (43,1 g contro 46,6 g). Simeto ha mostrato il valore maggiore (49,1 g), seguita da Alemanno (48,6 g); pesi superiori a 46 g sono stati ottenuti dalle nuove costituzioni Corallo e Vespucci e da Antalis e Orizzonte.

 

Risultati del Centro-Nord. Nella tabella 3 sono riportati i principali risultati delle 30 varietà provate nei tre areali del Centro-Nord.

Nel versante tirrenico dell’Italia centrale la resa media è stata di 5,16 t/ha, circa 1 t/ha in più rispetto al 2014 e in linea con i valori poliennali. L’unica varietà che ha superato le 6 t/ha è risultata Kanakis (indice di 118 e media campo superata in 7 prove su 8); rese intorno alle 5,8 t/ha sono state ottenute da Iride (indice di 113 e unica varietà dell’areale a superare la media campo in tutte le 8 prove) e da Ramirez (indice di 112 e superiore a 100 in 6 campi). Monastir, Claudio, Antalis, la novità Vespucci, Ettore, Anco Marzio e Furio Camillo sono state caratterizzate da produzioni comprese tra 5,7 e 5,5 t/ha, indici variabili tra 110 e 106 e media campo superata in 5-7 campi su 8.

Il tenore proteico della granella è risultato simile a quello di lungo periodo (13,5% s.s.). Simeto ha fatto registrare il valore più elevato (15%), seguita da Svevo (14,5%) e da Furio Camillo (14,1% e indice di resa di 106). Contenuti proteici superiori alla media di areale sono stati ottenuti dalle poco produttive Duilio e dalle novità Opera e Credit; Colombo, Obelix, Marco Aurelio, Tirex e la cultivar al primo anno Marakas hanno associato anche rese uguali o di poco superiori alla media. Antalis e Vespucci, tra le varietà più produttive, si segnalano anche per aver mostrato un tenore proteico medio.

Nettamente superiore a quello poliennale è stato il valore di peso ettolitrico medio dell’areale (81,4 contro 78,8 kg/hl) con solo 4 varietà (le novità Credit, Texur e Fabulis, oltre a Simeto) che non hanno raggiunto la I classe di qualità UNI (80 kg/hl). Quasi tutte le varietà più produttive hanno mostrato pesi specifici superiori alla media; in evidenza quelli di Furio Camillo (84 kg/hl), Claudio (83,4 kg/hl) e Ettore (83,3 kg/hl); pesi di 82,7-82,5 kg/hl sono stati ottenuti anche da Tirex, Kanakis, Antalis e Achille.

Anche il peso delle 1.000 cariossidi (45,8 g) è apparso superiore alla norma di oltre 1 g. Simeto si è collocata al primo posto della graduatoria per questo carattere (53,3 g), seguita da Core (49,5 g) e dalle più produttive Antalis, Monastir e Furio Camillo. Rese e granella di dimensioni superiori alle medie sono state mostrate anche da Claudio, Vespucci e Dylan.

In linea con i dati poliennali sono stati i valori della produzione registrati nel versante adriatico dell’Italia centrale (6,51 t/ha), rappresentato anche quest’anno da 4 località delle Marche. La varietà di ciclo medio Kanakis e la tardiva Obelix hanno mostrato le rese medie più elevate (7,5 t/ha, indice di 115 e media campo superata in tutte le prove). Sono state seguite da Anco Marzio, Monastir, Saragolla, Antalis e Furio Camillo, di ciclo tra il medio e il medio-precoce, che hanno fatto registrare rese di poco superiori alle 7 t/ha, con indici di 111-108 e media campo superata in 3-4 prove. In graduatoria si sono poi classificate due varietà al primo anno di sperimentazione, Marakas (di ciclo medio) e Vespucci (medio-tardiva) che hanno ottenuto indici di 105 e 104, rispettivamente.

Il contenuto proteico medio dell’areale, 13,4% su s.s., è risultato identico a quello poliennale. I valori più elevati sono stati ottenuti da cultivar caratterizzate da rese modeste: Simeto e Svevo hanno occupato i primi posti della classifica (14,5%); contenuti in proteine compresi tra 13,9 e 13,6% sono stati mostrati da Marco Aurelio, Core, Colombo, Odisseo e dalle nuove costituzioni Opera e Credit. Tra le varietà più produttive, quelle che hanno associato anche un tenore proteico uguale o di poco superiore alla media di areale sono state Furio Camillo, Obelix, Marakas e Antalis.

Queste ultime 4 varietà, oltre ad Achille, Claudio, Ettore e Anco Marzio, sono anche quelle che hanno mostrato i valori più elevati di peso ettolitrico, compresi tra 86,0 e 85,2 kg/hl. Di poco inferiori i pesi specifici ottenuti da Vespucci, Kanakis e Dylan, caratterizzate da rese superiori alle medie di questo areale, dove il valore del peso ettolitrico è risultato sensibilmente più elevato rispetto a quello di lungo periodo (83,5 kg/hl contro 80,9 kg/hl). Solo Simeto ha mostrato un peso specifico inferiore a 80 kg/hl, ma è stata quella con le maggiori dimensioni della granella (52,5 g per 1.000 cariossidi). La media di areale per questo carattere è risultata identica a quella poliennale (45,4 g). Pesi 1.000 semi compresi tra 51 e 48 g sono stati evidenziati dalle cultivar con rese elevate Furio Camillo, Antalis, Obelix, Ettore e Vespucci, oltre che da Corallo e Claudio. Anche Monastir e Dylan hanno associato produzioni e dimensioni della granella superiori alle medie di areale.

Nel Nord la produzione media (6,22 t/ha) è risultata simile a quella del poliennio di riferimento. Anche nel 2015 la varietà più produttiva è stata Monastir, con produzione media di 6,89 t/ha, indice di resa di 111 e unica con medie superate in tutte le 12 prove; ha preceduto la specifica Colombo (indice 108 ma media superata in solo 8 campi), Antalis e la novità Fabulis (entrambe con indice 107 e superiore a 100 in 10 prove su 12); con indice di 105 si sono poi collocate Obelix e Dylan (media campo superata in 9 prove) e Odisseo (media campo superata in 11 prove su 12). Da segnalare anche le performance di Athoris e delle varietà al primo anno Vespucci e Marakas che hanno mostrato indici di resa di 103-104 e superiori a 100 in 8-10 prove.

Lievemente superiore a quello registrato nel poliennio è stato il contenuto proteico della granella (13,2%). Anche in questo areale le varietà con il tenore proteico maggiore sono state Simeto (14,6%) e Svevo (14,3%). Contenuti proteici compresi tra 13,8 e 13,6% sono stati mostrati da Marco Aurelio (indice di resa di 102), Furio Camillo, la novità Credit e Ettore. Livelli proteici e rese superiori alle medie sono da segnalare anche per Tirex e la nuova costituzione Marakas.

In questo areale il peso ettolitrico medio è risultato decisamente superiore alla media del quinquennio precedente (81,2 kg/hl contro 78,9 kg/hl). Claudio, Ettore e Achille hanno mostrato il peso specifico più elevato (83,0 kg/hl); segue un gruppo di 7 cultivar caratterizzate da un peso superiore a 82 kg/hl tra cui si segnalano Tirex, Dylan e le novità Marakas e Vespucci per aver associato anche indici di resa superiori a 100 e contenuti proteici prossimi o maggiori delle medie di areale.

Anche il peso 1.000 cariossidi è risultato nettamente superiore a quello del precedente quinquennio (51,9 g contro 49,1 g). Come negli areali centrali dell’Italia, Simeto è stata la cultivar con i semi più grandi (61,4 g per 1.000 cariossidi), seguita da Duilio (56,3 g) e dalle nuove costituzioni Fabulis (56,0 g e indice di resa di 107) e Texur (55,2 g). Tra le varietà più produttive, quelle che hanno mostrato dimensioni della granella e rese superiori alle medie di areale sono state Marco Aurelio, Monastir, Obelix, Antalis e Vespucci.

 

Le varietà migliori

Stagione colturale 2014-15. In tabella 4 vengono presentati i risultati delle 14 varietà più produttive (indici di resa maggiori o uguali a 100) tra le 22 comuni a tutte le prove, indicando in verde più o meno intenso gli aspetti positivi riscontrati nella stagione.

Poliennio 2012-2015. Per una valutazione di stabilità produttiva delle varietà, nelle tabelle 5 e 6, per i tre areali del Sud-Isole e i tre del Centro-Nord rispettivamente, vengono riportati gli indici di resa medi per ciascun anno delle cultivar in prova da almeno un biennio.

Nel quadriennio considerato, nessuna varietà ha fatto registrare rese sempre superiori alle medie in tutti e 6 gli areali.

Nel macro-areale Sud-Isole (tabella 5) la cultivar più produttiva e stabile è risultata Ramirez con medie superate tutti gli anni nei tre areali e indici superiori o uguali a 100 nell’82% dei campi di prova (58 su 71 totali); analoghi risultati ha fatto registrare Monastir (80% di campi con indici di resa uguali o superiori a 100) e Iride (77%); leggermente meno stabile è risultata Saragolla (69%).

Oltre alle cultivar già citate, nei singoli areali vanno inoltre segnalate per i diversi polienni:

in Sicilia: Anco Marzio nel quadriennio; Emilio Lepido nel triennio e Antalis nel biennio.

In Sardegna: Gibraltar ed Emilio Lepido nel triennio; Ettore e Alemanno nel biennio.

Nel Sud-peninsulare: Kanakis nel quadriennio; Antalis e Ettore nel biennio.

Nel macro-areale Centro-Nord (tabella 6) le cultivar più produttive sono risultate Dylan e Kanakis con indici superiori o uguali a 100 sia nei 3 areali che in tutti gli anni e, rispettivamente, nel 77 e 76% dei campi di prova (66 e 65 su 86 totali). Nel triennio va segnalata Monastir per rese superiori alle medie nel 98% dei campi di prova; nel biennio Obelix (79%).

Oltre alle cultivar già citate, nei singoli areali vanno inoltre segnalate per i diversi polienni:

nel Versante tirrenico dell’Italia centrale: Ramirez, Tirex, Anco Marzio, Claudio, Marco Aurelio e Iride nell’ultimo quadriennio; Emilio Lepido nel triennio; Furio Camillo e Ettore nel biennio.

Nel Versante adriatico dell’Italia centrale: Anco Marzio nel quadriennio; Furio Camillo e Ettore nel biennio.

In Italia settentrionale: Anco Marzio, Odisseo e Colombo nel quadriennio; Emilio Lepido e Athoris nel triennio.

Gli autori sono del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria – Unità di ricerca per la valorizzazione qualitativa dei cereali (Crea-Qce), Roma

 Nell’articolo sono anche consultabili le informazioni circa le modalità di conduzione delle prove, le metodologie utilizzate e i rilievi effettuati.

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imagesAnche la nostra pasta potrebbe subire gli effetti dei cambiamenti climatici. Nell’arco dei prossimi quaranta anni il piatto simbolo del made in Italy sarà chiamato necessariamente ad evolversi, ad adattarsi alle mutate condizioni atmosferiche e in particolare all’aumento della concentrazione dell’anidride carbonica nell’aria. Pena perdita di qualità.
«Possiamo dire, semplificando, che i cambiamenti climatici sono promossi da un aumento della concentrazione della CO2 nell’atmosfera, che a sua volta determina il cosiddetto effetto serra con conseguente innalzamento della temperatura media, scioglimento dei ghiacci, maggiori rischi di eventi estremi (sia siccitosi, sia piovosi). Esistono scenari climatici differenti per i prossimi decenni, ma di sicuro sappiamo che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è destinata ad aumentare: fino alla metà del secolo scorso si aggirava intorno alle 320 ppm (parti per milione), oggi siamo a 400 e nel 2050 dovremmo superare le 500». Ad affermarlo è Luigi Cattivelli, ricercatore del Centro di ricerca per la genomica del Cra e coordinatore di un progetto sperimentale volto a comprendere le implicazioni dei cambiamenti climatici sulla produzione e la qualità del frumento duro. «È chiaro che l’agricoltura è fortemente influenzata dal clima. Si ipotizza che nei prossimi anni alcune colture “mediterranee” come la vite o l’olivo verranno coltivate nel centro nord Europa. L’Italia, e in particolare il Mezzogiorno, potrebbe dover fronteggiare un aumento dei rischi di siccità e di eventi meteo particolarmente intensi, la diffusione di nuove specie o razze di patogeni, ma di sicuro non cambieremo le nostre produzioni tipiche».

Se rinunciare non è contemplato, adattarsi è d’obbligo. E qui entra in gioco il progetto DuCO (Durum wheat adaptation to global change) coordinato da Cattivelli e realizzato nell’ambito di Ager in collaborazione tra Cra, Cnr ed Enea. In che modo potrebbe mutare la coltivazione, la resa e la qualità del frumento in uno scenario di aumento della concentrazione di anidride carbonica nell’aria? «In pratica abbiamo voluto attualizzare una condizione futura».

Per farlo i ricercatori hanno coltivato, presso un campo sperimentale a Fiorenzuola D’Arda e per due intere stagioni (2011-2013), 12 diverse varietà di frumento duro (molte in commercio) cresciute sia in condizioni “normali”, sia con una concentrazione di CO2 nell’aria pari a circa 570 ppm (valore atteso per il 2050). «L’aspetto importante è che, grazie all’utilizzazione del sistema Face (Free air CO2 enrichment - Arricchimento dell’aria aperta con CO2) abbiamo potuto testare la risposta delle piante in pieno campo, senza alcuna barriera fisica».

Due i macro-risultati della sperimentazione: aumento generalizzato della produzione e parallela diminuzione del contenuto proteico.
Questo perché l’anidride carbonica rappresenta un “fertilizzante” naturale per le piante, che crescono di più, ma subiscono un calo nel valore proteico, un parametro qualitativo fondamentale per il frumento duro e quindi per la nostra pasta.

«Interessante è che abbiamo registrato una grande variabilità di risposta: da un aumento della resa del 3-4% a un incremento superiore al 20% per alcune varietà. Stesso discorso, per il contenuto proteico: la diminuzione oscilla tra quasi 0 e il 10%». La sperimentazione ci offre insomma uno strumento per scegliere le caratteristiche che dovranno avere le piante adatte alla coltivazione nel futuro. «Abbiamo 40 anni di tempo per predisporre le varietà più indicate» e abbiamo gli strumenti per non farci trovare impreparati di fronte a uno scenario diverso, ma non ingestibile. Il prossimo passo, finanziamenti permettendo, sarà testare le risposte del frumento a un altro fattore collegato ai cambiamenti climatici: la disponibilità idrica.

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117030_420x270Mercato a due velocità per cereali e oleaginose. Mentre le quotazioni di frumento tenero, mais e soia sono in calo rispetto a un anno fa, per il frumento duro si registrano invece prezzi in controtendenza. 
Dal raffronto dei listini di queste settimane della borsa merci di Bologna con quelli di 12 mesi fa (v. tab.1), balzano subito agli occhi le perdite di prezzo alla produzione subite dal grano tenero fino (-8,6%) del mais (-15,7%) e dei semi di soia (addirittura -24,7%). Performance mercantili che pongono seri interrogativi sulla redditività di queste colture e sulle scelte produttive che i cerealicoltori italiani stanno effettuando in occasione delle semine autunnali. 

Un miliardo di tonnellate

D'altro canto, le rese, grazie al buon andamento stagionale, hanno portato a produzioni in qualche caso record, come nella Pianura Padana lombardo-veneta, ove si sono raggiunte comodamente rese di circa 14 t/ ha di granella di mais. Record peraltro registrati globalmente in ogni parte del mondo, dall'Europa agli Stati Uniti, tanto che le stime più accreditate, in particolare l'Usda, indicano produzioni mondiali più elevate rispetto all'anno passato, sia per il mais (+3/4%), sia per il frumento (+7/8%), sia per la soia (+6/7%). 
Nello specifico, il granoturco arriverebbe a sfiorare una produzione record di poco inferiore a un miliardo di t di granella. Questo sia per effetto di un andamento climatico che pare favorevole in gran parte dei continenti, che in conseguenza dell'aumento costante delle superfici mondiali seminate con ogm che, solo negli Stati Uniti, hanno garantito rese medie comprese fra 10,5 e 11 t/ha. Negli anni ottanta, in Nord America si raggiungevano malapena le 8 t/ha. 

Duro in controtendenza

Sul fronte opposto sta il grano duro. Rispetto a un anno fa registra aumenti di prezzo alla produzione fino al 18% con superfici rimaste pressoché ferme. La buona qualità, ma soprattutto la richiesta dell'industria italiana, per la maggior parte localizzata al nord del Paese, hanno rinnovato l'interesse verso un prodotto made in Italy, proveniente dalle regioni settentrionali, senza ricorrere al mercato estero, non sempre scevro di sorprese dal punto di vista commerciale e qualitativo. Da questi dati, sembrerebbe quindi che i produttori siano orientati a seminare più frumento duro che in passato, con l'incognita poi di dover fare i conti a giugno-luglio 2015 con maggiori quantitativi offerti sul mercato e quindi con prezzi inferiori a quelli di questi mesi.

Occhio ai costi di produzione

E' necessario però, oltre a inseguire esclusivamente i prezzi e quindi, di volta in volta la coltura più remunerativa dal punto di vista mercantile, dare un'occhiata anche ai costi di produzione. O meglio, è strategico verificare, ai prezzi di mercato correnti, quale produzione bisogna ottenere per coprire i costi produttivi. Ebbene, dal raffronto fra costi di produzione e prezzi di mercato, risulta che in questo momento, per ottenere un guadagno, sarebbe necessario produrre almeno 6 t/ha di frumento tenero, 4,2 t/ha di duro, 14 t/ ha di mais e 4,5 t/ha di soia (v. tab.2). 
Quindi non solo prezzi, ma anche costi di produzione. Lasciando la scelta finale al singolo produttore, va considerato, infine, che diversificare, anche alla luce delle nuove regole imposte dalla nuova Pac in termini di greening, sarà come sempre la strada più sicura.

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114991_420x270Siamo arrivati al momento della verità della trebbiatura in Europa in condizioni molto differenti per il duro e per il tenero e scenari di mercato quasi agli antipodi: estremamente complicato per il grano duro e decisamente più semplice per il “gruppo” dei teneri, siano essi di semina vernina che primaverile.

Teniamo quindi separate le rispettive analisi di mercato e domandiamoci per ognuno: quali conferme e quali le recenti novità condizioneranno i rispettivi mercati? Quali le certezze e quali le incognite per i nostri operatori?

In attesa del Canada

Il proseguo di campagna del grano duro presenta una grande incognita, ormai diventata una costante, ossia quale sarà il comportamento del Canada, detentore della quasi totalità degli stock iniziali mondiali?

Oltre a questo anche un paio di certezze derivanti dagli ultimi eventi come l’ampio deficit (2,5 milioni di tonnellate?) della vecchia Europa, e il recente accaparramento dell’origine messicana da parte dell’ormai deficitaria Turchia che, dopo anni di esubero, si unisce ai tradizionali importatori netti Nord Africani: Marocco, Algeria e Tunisia.

Osservando quanto appena detto attraverso una semplice fotografia statistica (tab. 1) si nota che a fronte di un trend produttivo decisamente in aumento in Nord America e leggermente in crescita in Nord Africa (Magreb), si contrappone una contrazione nel Vecchio Continente a sottolineare la progressiva di dipendenza commerciale delle nostre industrie dall’offerta di oltre oceano, essenzialmente dal colosso canadese.

Senza sorprese

Al contrario del grano duro, per i grani teneri la situazione ha meno incertezze alla luce delle eccellenti prospettive di produzione mondiale e della ampia disponibilità di scorte iniziali a compensare, soprattutto in Nord America, un marcato deficit di volumi per i grani Hard Red Winter (o panificabili). In ambito Europa-Mar Nero le aspettative sono per raccolti superiori alla media e con una qualità che mediamente dovrebbero incontrare le esigenze di una domanda molitoria comunitaria oggi in grado di utilizzare una vasta gamma di grani teneri e sempre più aperta a compensare eventuali manchevolezze anche con lotti di origini extra Eu-28.

Questo conferma quanto si era già percepito sul finale del mese scorso quando gli esportatori dal Mar Nero, solitamente molto abili a speculare, hanno deciso di accelerare vendite e imbarchi, quasi a sottolineare che le quotazioni di mercato del luglio-dicembre sarebbero state di sicuro inferiori al pronto.

Che il mercato del tenero nel proseguo di campagna non sia un rebus, lo si evince anche dall’evoluzione, per macro aree, delle produzioni (fig. 2) che vede una costante crescita sia in Europa che nel Mar Nero, con il Nord America che potrebbe essere la sorpresa se le molto conservative stime di resa indicate per il Canada fossero (come nel 2013) alla fine riviste al rialzo.

Estrapolando dallo scenario mondiale il contesto commerciale europeo ed italiano, cerchiamo di individuare in che direzione andranno i mercati del duro e dei teneri ed in che contesto si andrà ad operare nei prossimi mesi.

Erosione produttiva

All’orizzonte del grano duro si addensano nubi tempestose in quanto in parallelo ad una quasi stagnazione produttiva dell’Italia si è aggiunta una graduale ma costante erosione dei raccolti in Spagna, Francia e Grecia, ossia in quei paesi storicamente eccedentari della Comunità che fino a ieri sono stati un efficace deterrente allo strapotere commerciale canadese e che oggi restano di poco esportatori “netti”. Se poi aggiungiamo che il dato produttivo Italia è da molti visto in calo (causa le basse rese al Sud) e che la qualità della Grecia è in gran parte mediocre, risulta evidente che la campagna del duro sarà “dura” soprattutto per quegli utilizzatori che sono arrivati al nuovo raccolto senza scorte e, causa l’effimera speranza di un mercato ancor più debole, con scarsa dote di contratti di fornitura sul luglio-dicembre.

Passando ora ai teneri, l’evoluzione dei raccolti in Europa conferma un crescente interesse da parte dei produttori agricoli comunitari verso questo prodotto, nonostante la forte concorrenza dal Mar Nero. Nell’ultimo quinquennio Francia, Germania e Austria hanno fatto segnare incrementi delle produzioni, e il fenomeno è ancor più evidente nei paesi dell’Est Europa e negli “altri” in cui è inclusa l’Italia che dal 2012 raccoglie mediamente oltre 3,4 milioni di t.

Se i volumi non sono quindi in discussione, lo stesso non si può ancora dire per la qualità che dai primi riscontri perderebbe rispetto al 2013 un 1% in proteina e resta “merceologicamente” a rischio in molte aree del Centro Europa, come l’Ungheria e la Romania, oggi in fase di raccolta. In Italia i primi responsi dalle mietitrebbie parlano di rese, per “varietà”, mediamente inferiori allo storico ed un tenore proteico che si allineerebbe al calo stimato per il resto d’Europa. Ancor più in dettaglio, i teneri “tipo Bologna” avrebbero un buon tenore proteico, ma sarebbero un poco troppo rigidi; i “misti rossi” mostrerebbero una qualità superiore alla media storica, mentre i “bianchi” avrebbero caratteristiche merceologiche e proteiche che disilludono le attese degli operatori.

Situazione critica

Azzardando alcune conclusioni, possiamo dire che per il grano duro, ove l’Italia rappresenta oltre il 50% delle produzione europea e il 100% del suo deficit, la situazione è decisamente critica e, in caso di problemi ai raccolti in Usa e Canada, potrebbe degenerare fino a toccare momenti di massima tensione; il fatto che da settembre in poi l’unica origine di approvvigionamento sarà il Canada è di per sé allarmante.

Per il tenero, il raccolto italiano e la sua qualità si perdono commercialmente all’interno del più ampio contesto europeo e delle origini extra-europee e, nonostante qualche dubbio residuo sulle qualità dei raccolti, il mercato non è atteso vivere momenti di tensione o significative volatilità di prezzo.


Fonte: http://www.agricoltura24.com/frumento-duro-apertura-tesa-tenero-mercato-piu-stabile/0,1254,54_ART_8547,00.html

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