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114978_420x270Per pesche e nettarine il 2014 sarà ricordato per la partenza deludente, almeno per quello che riguarda la Romagna. I prezzi del mese di giugno, e fino ai primi giorni di luglio, sono stati bassi, tali da non coprire, in diversi casi, neppure i costi di produzione.

Sotto i 50 centesimi

Non è possibile fare un listino dettagliato, considerato che i prezzi variano ogni giorno anche a seconda delle varietà e dei calibri. Però si può affermare che la gran parte della frutta entrata nei magazzini in giugno, di pezzatura media, non ha superato i 30-40 cent/Kg, al di sotto quindi della fatidica soglia-pavimento dei 50 centesimi. Ci sono poi eccezioni, specie per le partite di calibro maggiore, ma nella maggior parte dei casi la produzione di pesche e nettarine si pone nella fascia produttiva che per tutto il mese di giugno ha faticato a imporsi.

Qualcuno ha calcolato che durante i temporali di giugno sarebbe stato meglio non coprire i frutteti con le reti antigrandine: le cifre spuntate dall’assicurazione sarebbero state superiori a quelle di mercato...

Quali sono le cause di questo inizio così deludente? Di certo va imputata la sovrapposizione con le produzioni di Meridione e Spagna, la qualità non sempre eccelsa, le temperature più primaverili che estive che non invogliano i consumi e la solita crisi economica.

Gli operatori sono sconsolati, figuriamoci gli agricoltori. La stagione era partita male con le fragole che hanno registrato una delle peggiori annate degli ultimi 10 anni, in fatto di prezzi.

Per le albicocche l’inizio è stato altalenante e, anche se non brillantissimo, non malaccio. Stessa cosa per le ciliegie che hanno registrato prezzi alti in caso di pezzature elevate. Mentre pesche e nettarine sono, ancora una volta, in affanno. Di albicocche parla Raffaele Drei, presidente di Agrintesa. «Chi ha salvato la produzione dalla grandine – spiega il presidente – può ritenersi soddisfatto. I prezzi non sono stati negativi, specie per le partite di maggior calibro e delle varietà più colorate. Ma le condizioni meteo hanno influito su tutta la prima parte della stagione e in Romagna la grandine ha colpito pesante».

«Tante concause stanno determinando una situazione pesantissima – è il commento dell’esportatore Patrizio Neri –. Nei giorni scorsi si è svolto il Tor, il tavolo di confronto ortofrutticolo romagnolo, e tutti abbiamo confermato che c’è una produzione alta in tutta Europa. In più, quest’anno, ci sono ampie esportazioni da parte della Grecia che ha dirottato sull’Europa del nord quello che di solito mandava in Russia ma che, a causa della svalutazione del rublo, non riesce più a collocare».

Alimenti metereopatici

«Siamo partiti con il piede sbagliato – dice Maurizio Filippi, già presidente degli esportatori – specie per fragole, pesche e nettarine. In questi giorni le pesche sono scese anche sotto ai 40 cen/kg. Le pezzature non sono eccelse, la qualità in taluni casi è media, ma soprattutto il mercato non ‘tira’. E c’è un motivo ben preciso: è mancata l’estate. La frutta si consuma con il caldo. Le alte temperature fanno allontanare dai cibi grassi e pesanti e a volte si preferisce, specie sotto all’ombrellone, pasteggiare con una bella pesca e due albicocche. Ma quest’anno in giugno, di caldo non se ne è visto».

Con le basse temperature di giugno che sono state comuni non solo alla Romagna ma a mezza Europa, la frutta non va. Ormai pesche e nettarine, e altre tipologie, possono essere definiti ‘alimenti meteoropatici’, vale a dire dipendenti dalle condizioni climatiche. È per questo che gli operatori sperano in una ripresa da metà luglio in poi.

Tutto sul precoce

«Una produzione in aumento stimata attorno al 10% si sta scaricando tutta sul periodo precoce. La speranza è che da metà luglio in poi i prezzi di pesche e nettarine continuino a salire». Così si esprime Ilenio Bastoni, direttore commerciale di Apofruit, circa l’attuale situazione del mercato che è alquanto pesante.

«C’è un aspetto molto ovvio – continua Bastoni – che viene trascurato. I consumi di frutta di giugno sono stati molto bassi perché, al di là della crisi, non è ‘andata’ la stagione. Le temperature sono state basse, il caldo è mancato, la pioggia l’ha fatta da padrona in molte zone d’Europa, non solo in Italia. E con il freddo la frutta non va. L’andamento climatico ha penalizzato anche la conservabilità creando qualche problema nella commercializzazione».


Fonte: http://www.agricoltura24.com/drupacee-giu-prezzi-e-consumi/0,1254,54_ART_8545,00.html

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114991_420x270Siamo arrivati al momento della verità della trebbiatura in Europa in condizioni molto differenti per il duro e per il tenero e scenari di mercato quasi agli antipodi: estremamente complicato per il grano duro e decisamente più semplice per il “gruppo” dei teneri, siano essi di semina vernina che primaverile.

Teniamo quindi separate le rispettive analisi di mercato e domandiamoci per ognuno: quali conferme e quali le recenti novità condizioneranno i rispettivi mercati? Quali le certezze e quali le incognite per i nostri operatori?

In attesa del Canada

Il proseguo di campagna del grano duro presenta una grande incognita, ormai diventata una costante, ossia quale sarà il comportamento del Canada, detentore della quasi totalità degli stock iniziali mondiali?

Oltre a questo anche un paio di certezze derivanti dagli ultimi eventi come l’ampio deficit (2,5 milioni di tonnellate?) della vecchia Europa, e il recente accaparramento dell’origine messicana da parte dell’ormai deficitaria Turchia che, dopo anni di esubero, si unisce ai tradizionali importatori netti Nord Africani: Marocco, Algeria e Tunisia.

Osservando quanto appena detto attraverso una semplice fotografia statistica (tab. 1) si nota che a fronte di un trend produttivo decisamente in aumento in Nord America e leggermente in crescita in Nord Africa (Magreb), si contrappone una contrazione nel Vecchio Continente a sottolineare la progressiva di dipendenza commerciale delle nostre industrie dall’offerta di oltre oceano, essenzialmente dal colosso canadese.

Senza sorprese

Al contrario del grano duro, per i grani teneri la situazione ha meno incertezze alla luce delle eccellenti prospettive di produzione mondiale e della ampia disponibilità di scorte iniziali a compensare, soprattutto in Nord America, un marcato deficit di volumi per i grani Hard Red Winter (o panificabili). In ambito Europa-Mar Nero le aspettative sono per raccolti superiori alla media e con una qualità che mediamente dovrebbero incontrare le esigenze di una domanda molitoria comunitaria oggi in grado di utilizzare una vasta gamma di grani teneri e sempre più aperta a compensare eventuali manchevolezze anche con lotti di origini extra Eu-28.

Questo conferma quanto si era già percepito sul finale del mese scorso quando gli esportatori dal Mar Nero, solitamente molto abili a speculare, hanno deciso di accelerare vendite e imbarchi, quasi a sottolineare che le quotazioni di mercato del luglio-dicembre sarebbero state di sicuro inferiori al pronto.

Che il mercato del tenero nel proseguo di campagna non sia un rebus, lo si evince anche dall’evoluzione, per macro aree, delle produzioni (fig. 2) che vede una costante crescita sia in Europa che nel Mar Nero, con il Nord America che potrebbe essere la sorpresa se le molto conservative stime di resa indicate per il Canada fossero (come nel 2013) alla fine riviste al rialzo.

Estrapolando dallo scenario mondiale il contesto commerciale europeo ed italiano, cerchiamo di individuare in che direzione andranno i mercati del duro e dei teneri ed in che contesto si andrà ad operare nei prossimi mesi.

Erosione produttiva

All’orizzonte del grano duro si addensano nubi tempestose in quanto in parallelo ad una quasi stagnazione produttiva dell’Italia si è aggiunta una graduale ma costante erosione dei raccolti in Spagna, Francia e Grecia, ossia in quei paesi storicamente eccedentari della Comunità che fino a ieri sono stati un efficace deterrente allo strapotere commerciale canadese e che oggi restano di poco esportatori “netti”. Se poi aggiungiamo che il dato produttivo Italia è da molti visto in calo (causa le basse rese al Sud) e che la qualità della Grecia è in gran parte mediocre, risulta evidente che la campagna del duro sarà “dura” soprattutto per quegli utilizzatori che sono arrivati al nuovo raccolto senza scorte e, causa l’effimera speranza di un mercato ancor più debole, con scarsa dote di contratti di fornitura sul luglio-dicembre.

Passando ora ai teneri, l’evoluzione dei raccolti in Europa conferma un crescente interesse da parte dei produttori agricoli comunitari verso questo prodotto, nonostante la forte concorrenza dal Mar Nero. Nell’ultimo quinquennio Francia, Germania e Austria hanno fatto segnare incrementi delle produzioni, e il fenomeno è ancor più evidente nei paesi dell’Est Europa e negli “altri” in cui è inclusa l’Italia che dal 2012 raccoglie mediamente oltre 3,4 milioni di t.

Se i volumi non sono quindi in discussione, lo stesso non si può ancora dire per la qualità che dai primi riscontri perderebbe rispetto al 2013 un 1% in proteina e resta “merceologicamente” a rischio in molte aree del Centro Europa, come l’Ungheria e la Romania, oggi in fase di raccolta. In Italia i primi responsi dalle mietitrebbie parlano di rese, per “varietà”, mediamente inferiori allo storico ed un tenore proteico che si allineerebbe al calo stimato per il resto d’Europa. Ancor più in dettaglio, i teneri “tipo Bologna” avrebbero un buon tenore proteico, ma sarebbero un poco troppo rigidi; i “misti rossi” mostrerebbero una qualità superiore alla media storica, mentre i “bianchi” avrebbero caratteristiche merceologiche e proteiche che disilludono le attese degli operatori.

Situazione critica

Azzardando alcune conclusioni, possiamo dire che per il grano duro, ove l’Italia rappresenta oltre il 50% delle produzione europea e il 100% del suo deficit, la situazione è decisamente critica e, in caso di problemi ai raccolti in Usa e Canada, potrebbe degenerare fino a toccare momenti di massima tensione; il fatto che da settembre in poi l’unica origine di approvvigionamento sarà il Canada è di per sé allarmante.

Per il tenero, il raccolto italiano e la sua qualità si perdono commercialmente all’interno del più ampio contesto europeo e delle origini extra-europee e, nonostante qualche dubbio residuo sulle qualità dei raccolti, il mercato non è atteso vivere momenti di tensione o significative volatilità di prezzo.


Fonte: http://www.agricoltura24.com/frumento-duro-apertura-tesa-tenero-mercato-piu-stabile/0,1254,54_ART_8547,00.html

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